Non è mai solo una questione di perdita. Si parte da lì, certo: un padre che muore e due figli che devono ricostruire le loro esistenze sulle macerie di una famiglia già precaria. Ma Intermezzo di Sally Rooney ( Einaudi) , non è un libro sul lutto: è una partita a scacchi giocata tra destini, dove le mosse più ovvie si rivelano trappole e le strategie migliori nascono dall’istinto, non dal calcolo.
Sally Rooney ci porta dentro la testa di Peter e Ivan Koubek con quella sua solita, chirurgica empatia, restituendoci due fratelli incagliati in un momento di sospensione che per uno è prigione, per l’altro possibilità.
Il trentenne Peter, avvocato apparentemente brillante, si barcamena tra una carriera che lo svuota e una vita sentimentale fatta di pezzi che non combaciano: Sylvia, il grande amore di un tempo, separata da lui da un incidente e da un dolore che non si rimargina; Naomi, un’incognita irrisolta, che lo sfida e lo destabilizza.
Ivan, invece, prodigio degli scacchi, è impacciato con il mondo e con sé stesso, finché l’incontro con Margaret – più grande di lui, più segnata, più viva – non lo costringe a riconsiderare cosa significhi lasciarsi andare.
L’intermezzo, in scacchi, è quel momento in cui una mossa apparentemente secondaria cambia la partita. Ed è proprio in questi mesi di passaggio, tra relazioni che esplodono e altre che si ricompongono, che i due fratelli si riscoprono diversi da come si erano sempre raccontati. Rooney gioca con la narrazione come Peter e Ivan giocano con il proprio destino: alternando prospettive, costruendo dialoghi densi di sottintesi, scandagliando ogni angolo della neurodivergenza che pervade i suoi protagonisti.
Alla fine non conta vincere o perdere, ma accettare che la partita non sarà mai perfetta. E che ogni vita, per quanto incasinata, ha in sé il potenziale di una rivoluzione.