sabato 22 febbraio 2025

HA BATTUTO LA PIOGGIA ED IL VENTO....

IL K-WAY FA 60 ANNI

(fonte Gazzetta dello Sport)

In pochi sanno che originariamente si chiamava “en case de”. Tutti invece hanno avuto almeno una volta nella vita un K-Way, l’impermeabile che si richiude dentro una tasca e si può legare in vita come un marsupio. Che ha 60 anni, è diventato un’icona, ha conquistato le passerelle della Moda e prima ancora il vocabolario. “Giacca a vento con cappuccio, molto leggera e impermeabile, ripiegabile e riducibile in forma di borsetta da allacciare alla cintura” scrivono sulla Treccani, è il 1979.

Intuizione—  In realtà il giubbino di nylon, originariamente rosso e/o blu, nasce a Parigi anni prima, nel 1965, davanti a un caffé di Parigi e un acquazzone. Quando il signor Leon-Claude Duhamel, che gestisce nella capitale francese l’azienda di famiglia che fa pantaloni, osservando il via vai dei passanti, nei loro cappotti zuppi di pioggia improvvisa, davanti al Café de la Paix, nota una donna e la sua giacca di nylon rossa. Da lì, l’idea vincente: una soluzione che permetta di non bagnarsi quando piove e che sia più comoda, leggera e meno ingombrante di un ombrello. “En-cas de (pluie)” punta a un mercato internazionale e viene americanizzato in K-Way, che diventa l’impermeabile tascabile per l’universo mondo, fa la fortuna e finisce per dare il nome all’intera azienda di Duhamel, che Marco Boglione, torinese, rileva con BasicNet e rilancia nel 2004 (lo scorso ottobre ha ceduto il 40% a Permira).

Escamotage—  Leggerissimo, in nylon o pvc, con cappuccio e maniche larghe, il nuovo K-Way ottiene subito un risultato importante: 250 mila pezzi venduti solo il primo anno. Grazie anche a una genialata. Sì, perché se il K-Way nasce da un’intuizione, conquista il mondo con un escamotage: ha raccontato una volta il signor Duhamel che all’inizio propose il suo impermeabile a tantissimi negozi, convincendone soltanto uno. Il resto lo fece la pubblicità: scrissero sui cartelloni che il K-Way poteva essere acquistato in tutti i negozi di sport e le persone iniziarono a richiederlo e i commercianti furono costretti a ordinarlo. Si arrivò così ai 250 mila pezzi venduti di quel 1965, che è stato il 55% di fatturato per anni, seguito solo dall’abbigliamento da sci (K-Way ha vestito anche le Olimpiadi invernali).

Sport—  L’antivento e la neve sono ancora due pilastri del brand, che oggi fa Moda (e martedì sfila durante la Fashion Week milanese collezione Donna Autunno-Inverno 25/26) e anche altri sport (surf, nuoto e vela con partner fortissimi: Fioravanti, Paltrinieri, Orient Express Team), senza perdere la sua identità, il suo essere oggetto quotidiano, facilissimo, seppur di culto. «Il core product è una giacca da 140 euro, perché K-way è e vuole rimanere un brand accessibile», ha detto di recente Lorenzo Boglione, figlio di Marco e vice President del Gruppo BasicNet.

Innovazione—  L’anima è decisamente sportiva, ma capace di giocare con il lusso, i colori e le stravaganze del fashion, per un equilibrio perfetto tra funzionalità e stile; la tecnologia sempre più avanzata: oggi Le Vrai è una vera e propria label che racchiude un’intera collezione pensata per offrire massime prestazioni. Il nylon è antistrappo, riciclato, impermeabile con trattamento DWR e colonna d’acqua 10k mm, antivento e traspirante (a 10K grammi/m2 e membrana interna DRY PU). Sessant’anni dopo ancora nella lista delle cose da portare in gita per ogni bambino c’è il K-Way. La sua storia sarà celebrata in una mostra itinerante, “In Y/Our Life - The Hidden Side of Everyday Things” che apre a Milano durante la Fashion Week (dal 26 febbraio al 2 marzo al Museo della Permanente di via Turati 34) e poi volerà a Seoul, Parigi e Londra dove K-Way ha appena aperto un flagship store in King’s road, prima tappa di un’espansione internazionale che punta all’Europa (attualmente Francia, Italia e Belgio sono i mercati di riferimento), senza porsi limiti, anzi. Da juventini i Boglione sanno che conta solo un risultato, detto ancora meglio dal presidente Boniperti: “vincere non è importante, è la sola cosa che conta”. Ma non si vince da soli. Forse anche per questo hanno coinvolto nella kermesse quindici altri brand che come K-Way, hanno dato il loro nome alle cose: Bic, che per tutti è la penna. Chupa Chups, che nessuno chiama LeccaLecca; poi Borsalino, Pongo, Moon Boot, Borotalco, Post.it e Polaroid... Un viaggio nell’archivio di cult che hanno segnato un’epoca o più. Con le opere di alcune tra le menti più brillanti dell’arte contemporanea, dell’innovazione e della creatività. Senza saremmo persi.

 

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