di Giulia Caminito
(fonte Tgcom)
Nel silenzio della mente, c’è un mostro che cresce, si annida, si fa carne e pensiero.
Il male che non c’è , romanzo di Giulia Caminito edito Bompiani racconta un’ombra costante nella vita di Loris, un trentenne che potrebbe sembrare come tanti altri, ma che invece si muove in un labirinto fatto di paure e sintomi.
Precario nel lavoro, distaccato nella relazione con la fidanzata Jo, schiacciato dall’angoscia costante di essere malato, Loris trova conforto solo nelle stanze asettiche di un pronto soccorso.
E lì che finalmente respira, è lì che la sua ipocondria trova un rifugio.
Giulia Caminito ci porta dentro questo inferno privato, dove la realtà si deforma sotto il peso dell’immaginazione malata, e dove il personaggio di Catastrofe diventa una presenza tangibile, quasi fisica, che lo tormenta, che ride di lui, che lo segue come un’ombra scura.
Eppure, c’è stato un tempo in cui Loris era felice, un tempo che ritorna nei suoi ricordi come una boccata d’aria fresca: la casa di campagna del nonno Tempesta, l’infanzia serena sotto quell’ombra rassicurante.
Ma ora, nella vita adulta, tutto è una corsa in discesa verso una deriva pericolosa, alimentata dalla sovrabbondanza di informazioni in rete che non fanno altro che amplificare i suoi timori. Caminito non si limita a raccontare la storia di un uomo, ma traccia il ritratto di un’intera generazione, quella dei trentenni di oggi, fragili, ansiosi, schiacciati da un mondo che corre troppo veloce per loro. E lo fa con una scrittura intensa che porta dentro quel dolore, quella paura di vivere che cresce, che ti chiude la gola, che ti fa sentire fuori tempo, fuori dal mondo. Un libro che non racconta solo il male fisico, ma anche quello oscuro, quello invisibile, che la società fatica a riconoscere, e che spesso ridicolizza. Il male che non c’è è una gabbia fatta di sintomi, di ossessioni, di un’angoscia perenne che non si stacca mai dal corpo, che ti tiene in uno stato di allerta costante. Giulia Caminito ha dato voce a una sofferenza silenziosa, quella di chi non riesce a stare al passo con il ritmo degli altri, e lo ha fatto con una delicatezza spietata, senza mai cadere nel pietismo, ma guardando in faccia quel mostro invisibile che imprigiona l’anima e il corpo.