a cura di Silvia Trevaini (fonte Tgcom)
La Svolta Vegetale è molto più di una guida alimentare: è un invito a trasformare il proprio stile di vita in modo profondo, unendo salute fisica, equilibrio mentale e rispetto per l’ambiente. Scritto da Irene Luzi, psicoterapeuta, ecopsicologa e igienista naturale, il libro si propone come una bussola per chi desidera riscoprire il potere della nutrizione vegetale attraverso una filosofia ispirata all’igiene naturale, che affonda le sue radici nelle antiche pratiche di benessere promosse da Pitagora.
Con una visione olistica, Luzi introduce un percorso in 30 giorni che non si limita a modificare la dieta, ma insegna a riconoscere e ascoltare i segnali del proprio corpo, per alimentarsi in armonia con i bisogni personali. Il suo approccio mira a far emergere quella che definisce “intelligenza alimentare”, ovvero la capacità innata di nutrirsi in modo intuitivo e consapevole, rispondendo alle vere esigenze del corpo senza lasciarsi condizionare da abitudini alimentari imposte. L’autrice descrive il suo cammino personale verso una dieta vegetale come un ritorno alla semplicità e al rispetto della natura, ispirato anche dalla sua connessione speciale con il suo cane Nemo, che ha risvegliato in lei una sensibilità più profonda verso il mondo animale. Da questo punto di partenza, Luzi ha deciso di dedicarsi a uno stile di vita sostenibile, scoprendo, attraverso lo studio e la pratica dell’igiene naturale, quanto l’alimentazione sia in grado di migliorare non solo il corpo ma anche la mente e l’anima. “La Svolta Vegetale” propone una trasformazione graduale, partendo da piccole scelte quotidiane per ripulire la dispensa, scegliere con cura gli alimenti e apprendere a nutrirsi senza stress o imposizioni. In questo percorso di consapevolezza, l’autrice mostra come il cibo vegetale possa portare benefici tangibili, dal miglioramento dell’energia e dell’umore alla gestione delle emozioni e dello stress. L’obiettivo non è solo il cambiamento fisico, ma un’esperienza di crescita interiore che, come un “effetto palla di neve”, si amplia a ogni passo. In questa intervista, Irene Luzi ci parla delle radici del suo percorso, delle trasformazioni che ha osservato in sé e negli altri, e di come “La Svolta Vegetale” possa offrire a ciascuno di noi un’opportunità per vivere in modo più consapevole e in sintonia con la natura.
Irene, hai raccontato che il tuo percorso verso una maggiore consapevolezza ambientale e alimentare è iniziato grazie al tuo cane, Nemo. In che modo la connessione con lui ha influenzato la tua visione del rapporto tra uomo e natura?
L’arrivo di Nemo è stato quasi un risveglio. Quando era cucciolo, c’era qualcosa nel suo sguardo che mi chiamava, come un bisogno di protezione e di cura che non avevo mai sentito così intensamente. Ogni volta che i nostri occhi si incontravano, percepivo una sorta di innocenza, qualcosa di puro e autentico. Poi, qualche mese dopo, mi sono trovata in montagna e ho incrociato lo sguardo di altri animali. Ho provato la stessa sensazione di innocenza e vulnerabilità, come se Nemo mi avesse aperto una finestra su un mondo che non avevo mai visto davvero prima. Adesso, è come se fossi in sintonia con questo senso di cura, che riconosco negli occhi di ogni animale che incontro.
Parli spesso dell’“intelligenza alimentare” e della capacità di ascoltare il proprio corpo. Come definiresti questa capacità e perché pensi sia così importante?
L’intelligenza alimentare è una delle tante forme di intelligenza che possediamo e può essere più o meno sviluppata in ognuno di noi. Quando è carente, tendiamo a fare scelte alimentari poco sane, come la dipendenza da cibo spazzatura. Al contrario, quando è ben sviluppata, siamo abili in tre ambiti chiave: il primo è l’approvvigionamento, ovvero saper scegliere il cibo giusto e naturale quando facciamo la spesa; il secondo è la preparazione, quindi saper trasformare questi ingredienti in pasti salutari; e infine, il terzo è la quantità, saper riconoscere quando abbiamo bisogno di cibo e quando fermarci. Questa intelligenza, in realtà, è innata. Come tutti gli animali, abbiamo istintivamente la capacità di sapere cosa mangiare e quanto, ma l’abbiamo un po’ persa con l’introduzione dei cibi industriali e delle pubblicità che creano bisogni artificiali. Tutti possediamo questa capacità, ma in alcuni è più sviluppata. Più ci avviciniamo a cibi naturali, più essa emerge, perché il cibo naturale non crea dipendenze e non spinge all’esagerazione. È per questo che molte diete falliscono: si basano sulla restrizione anziché su una connessione profonda e istintiva con il cibo. In realtà, abbiamo solo bisogno di riscoprire quel senso di equilibrio che già appartiene a noi.
Nel tuo libro proponi un programma di 30 giorni per una svolta vegetale. Perché hai scelto proprio questo periodo e quali risultati ti aspetti che i lettori possano ottenere?
Ho scelto 30 giorni basandomi sulla mia esperienza clinica. Ho notato che questo periodo è sufficiente per osservare cambiamenti significativi e per consentire alle nuove abitudini di iniziare a radicarsi. Le prime due settimane rappresentano una fase di organizzazione e scoperta: si fa la spesa in modo diverso e si prova del cibo nuovo. È un momento di sperimentazione e preparazione. Nelle ultime due settimane, invece, tutto comincia a diventare più automatico, naturale, e si forma una vera routine. Proprio in questa fase emergono i cambiamenti più evidenti. La pelle appare più luminosa, il ritmo intestinale si regolarizza, e l’umore migliora. Anche se può sembrare strano, uno dei grandi cambiamenti è proprio nell’umore: ci si sente più riposati, il sonno migliora, e si avverte una maggiore serenità. Poi, dipende dalla persona, ma disturbi specifici come il diabete, la dermatite o la pressione alta possono iniziare a migliorare in modo graduale. Tuttavia, già dalla prima settimana si notano le prime differenze. Alla fine del mese, quella spontaneità che all’inizio sembrava difficile diventa naturale. Quello che era un cambiamento impegnativo diventa parte integrante della vita, ed è proprio questo che rende questi 30 giorni così trasformativi.
Spesso sottolinei il legame tra alimentazione vegetale e benessere mentale. In che modo il cibo naturale influisce, secondo te, sulla nostra salute psicologica ed emotiva?
Il cibo ha un potere curativo: non si tratta solo di prevenire le malattie, ma anche di alleviare e ridurre problematiche già presenti. C’è un rapporto circolare tra il cibo e il benessere, non semplicemente una relazione di causa ed effetto. Quando inizi a risolvere alcune difficoltà fisiche grazie al cibo, anche l’umore ne risente positivamente: hai più energia, voglia di muoverti, di fare passeggiate, di stare all’aperto. Dico sempre ai miei pazienti, ‘parti dal cibo e lascia che tutto il resto segua’. Quando scegli di nutrirti con alimenti semplici e naturali, inizia a formarsi uno stile di vita che riflette questa scelta. Lentamente, diventa naturale cercare una vita più essenziale e genuina, eliminando ciò che è superfluo anche in altri ambiti. In questo modo, non solo il corpo, ma anche la mente trova beneficio: ti senti più ispirato, lucido e sereno. È una pulizia che parte dal piatto, ma arriva a toccare ogni aspetto della vita.
L’igiene naturale, la filosofia che segui, è spesso ispirata alla saggezza antica. Come questa pratica si è intrecciata con il tuo lavoro di psicoterapeuta?
Studiare l’igiene naturale è stato fondamentale per me perché mi ha permesso di colmare dei pezzi mancanti nella psicologia. In psicoterapia si lavora molto sul mentale, cercando di raggiungere l’anima della persona, ma spesso si rischia di perdere il contatto con gli elementi naturali e corporei. Sentivo che, in qualche modo, mi sfuggivano aspetti importanti delle persone che seguivo. Integrando l’igiene naturale alla psicoterapia, invece, ho scoperto un approccio che permette di coinvolgere la persona a 360 gradi. Si tratta di abbracciare la totalità della persona, unendo mente, corpo e spirito in un percorso completo. Questo intreccio fa sì che la persona si senta ascoltata e supportata non solo mentalmente, ma anche fisicamente e in armonia con la natura, creando un’esperienza davvero trasformativa.Molti dei miei pazienti, nel momento in cui trovano un nuovo equilibrio con il cibo, iniziano a porsi domande più profonde anche su altri aspetti della loro vita. Non si tratta più solo di cosa mangiano, ma anche di cosa indossano, dei prodotti che usano per la pulizia della casa, o dei materiali che scelgono di avere intorno. È una consapevolezza che si espande e che richiede uno spazio maggiore per entrare in contatto con i bisogni fondamentali. Questa trasformazione porta a spostare il focus dalla quantità alla qualità: ci si libera dalla necessità di acquistare troppo e si comincia a cercare un senso di autenticità e benessere in ciò che ci circonda. È come riscoprire il valore delle scelte consapevoli, non solo nel cibo, ma in ogni ambito della vita.
Il cibo non è solo nutrimento, ma anche emozione. In che modo pensi che il cibo vegetale possa aiutare le persone a costruire una relazione più sana con sé stesse?
Sono riuscita a superare quella vecchia dicotomia tra il cibo che ti piace ma ti fa male e quello che fa bene ma che non ti piace. Con il cibo vegetale, integrale e naturale, ho scoperto un’alimentazione che mi piace e che mi fa stare bene. Una delle mie pazienti, ad esempio, ha descritto come una vera vittoria personale il momento in cui si è resa conto che, mentre una collega mangiava un dolce, lei non sentiva alcun desiderio di averne. Mi ha spiegato che, per lei, è stato il segno di un cambiamento autentico: ora sceglie cibi che la soddisfano a livello di pancia e che fanno bene al suo corpo. Questa consapevolezza le ha dato una nuova libertà alimentare, permettendole di nutrirsi senza sentirsi costretta o privata di qualcosa. Il cibo infatti è molto più di semplice nutrizione: è emozione, memoria, nostalgia e condivisione. Non possiamo mangiare solo per placare la fame; dobbiamo scegliere cibi che ci emozionano e che ci fanno gioire solo a guardarli. Ricordo di un’altra mia paziente, ad esempio, che mi ha raccontato di come, guardando il suo carrello pieno di alimenti naturali e colorati, provi un senso di felicità. È stata una scoperta per lei riconoscere il cibo come una fonte continua di emozioni, un piacere che va oltre i valori nutritivi. Mi ha detto che, da quando ha iniziato a nutrirsi in modo più consapevole, ha capito quanto sia limitante ridurre tutto a una lista di macronutrienti e micronutrienti. In passato, questo tipo di approccio le aveva sempre generato tristezza e costrizione, mentre ora riesce a vivere l’alimentazione come un momento di gioia e connessione. Purtroppo, siamo abituati a pensare che la mente sia superiore a ciò che sentiamo con la pancia e il cuore, ma il cibo autentico ci insegna proprio l’opposto: ci invita a connetterci con ciò che davvero sentiamo, a scegliere con il cuore, a nutrirci di gioia.