(fonte Gazzetta dello sport)
Chissà se Rudy Neumann, il primo ad aver surfato le coste italiane, avrebbe mai immaginato che molti anni dopo quell’estate del 1959 in cui cavalcò le onde di Cervia si sarebbe celebrata la storia dei pionieri del surf italiano. In fondo parte da qui, da lui – da questo signore tedesco, famoso per il suo impegno nel turismo romagnolo e ancora di più per essere stato il diplomatico dell’Isola delle Rose – la mostra che omaggia le anime intrepide, in realtà tutte italianissime, che hanno seminato nella Penisola la passione per questa disciplina. A rendergli omaggio è un’esposizione del più famoso artista italiano in questo campo, Vincenzo Ganadu, che nei giorni scorsi ha inaugurato il progetto “A caccia di libertà – I pionieri del surf italiano”.
i ritratti— Ventiquattro grandi opere, ventiquattro ritratti ad alto impatto visivo, colorate, sgargianti, che trasformano il visitatore da osservatore ad osservato, sono esposte sino al 29 di settembre nei Magazzini del Sale, il vecchio deposito rimesso a nuovo dall’amministrazione comunale e usato come spazio espositivo. C’è Rudy Neumann, il surfista zero delle coste italiane, di cui si ha una fotografia datata ’59 dove è ritratto arrampicato sulla tavola che venne ritrovata quarant’anni più tardi (la cui storia è stata raccontata da Gazzetta grazie alla testimonianza di Stefano Verlicchi) e poi ci sono loro, i pionieri italiani, che a dispetto dell’ambasciatore dell’isola-stato, non hanno fatto del surf una semplice toccata e fuga, ma una ragione di vita. E così che Ganadu, nato a Sassari in Sardegna, lui stesso surfista e con una formazione in campo artistico che ha seguito i percorsi classici – istituto d’arte, accademia – per poi transitare per le botteghe dei maestri della Sardegna ed infine ha preso il suo percorso, sfociando anche e soprattutto nella surf art, ha deciso di prendere tele e colori e dipingere quelli che potremmo definire dei visionari.
le prime onde— Lo erano certamente quando intorno alla fine degli anni Settanta, in diverse regioni, ma nello specifico in Liguria, Toscana, Lazio, Sardegna e appunto in Emilia-Romagna, ragazzi poco più che ventenni amanti del mare e attratti dalle onde, che iniziavano a scivolare tra le schiume, quasi sempre senza cognizione di causa, ma con già sulla pelle l'istinto da surfer navigati. Quei cavalloni erano per loro come una calamita. Non c’erano mute specifiche, leash, tavole che potessero chiamarsi tali: ma chissenefrega, loro entravano ugualmente, davano le prime bracciate e provavano a mettersi in piedi. Si divertivano. E l’arrivo in Italia del film Un mercoledì da leoni diede una svolta, e così i primi viaggi verso l’estero. È grazie a queste anime marine se il surf in Italia è attecchito e dagli anni Novanta ha avuto prima una crescita timida e costante, poi una impennata di popolarità, a cui assistiamo oggi anche grazie alle Olimpiadi.
l'inaugurazione— I pionieri ritratti sono venti, ai quali però Ganadu ha voluto aggiungere anche una sezione dedicata agli shaper, cioè i produttori di tavole che, a loro modo, come degli esploratori hanno trasformato quella che era una passione in un lavoro. Ma la particolarità di questa mostra è anche che alcuni di questi personaggi si sono ritrovati per l’inaugurazione, avvenuta il 13 settembre: non arrivavano soltanto dalla Romagna, ma anche da posti ben più distanti. I pionieri si sono riabbracciati, hanno brindato, si sono infine ritrovati intorno a un tavolo, hanno parlato di onde, quelle passate e anche quelle di oggi, che continuano a prendere facendosi spazio tra orde di nuove generazioni. “Nessuno dei surfisti che oggi cavalca le onde italiane sarebbe qui senza i pionieri – spiega Vincenzo Ganadu – omaggiarli con la mia arte è la celebrazione della loro forza e della loro tenacia. E vedere molti di loro qui, durante l’inaugurazione, vederli ricontrarsi dopo anche decenni, è stata una bella emozione».