lunedì 9 settembre 2024

RINFORZO POSITIVO E NEGATIVO NELLA VITA COME NELLO SPORT

COME SFRUTTARLI

(fonte Gazzetta dello Sport)

Fu Burrhus Skinner, uno dei più influenti psicologi del XX secolo, il primo a comprendere come il comportamento umano possa variare in relazione alle diverse modificazioni ambientali. Padre del paradigma del condizionamento operante, introdusse il concetto di rinforzo, positivo e negativo, oggi inserito all’interno delle pratiche di apprendimento in ambito sportivo, educativo, dei disturbi della condotta, dei disturbi d’ansia e nel trattamento delle dipendenze. Ne abbiamo parlato con il professor Aldo Grauso, docente di Psicologia dello Sport presso Unicusano e Direttore del Master nei Disurbi del Neurosviluppo in ottica Biopsicosociale, componente della commissione medico scientifica FIGC della Lega di Serie B e LND e coordinatore del tavolo tecnico sul bullismo promosso da Roma Capitale in sinergia con il MIM. "Sicuramente - premette l’esperto - dobbiamo scindere la motivazione rinforzante degli adulti, dotati di schemi mentali strutturati, da quella dei giovani in via di costruzione".  

età evolutiva—  Il rinforzo positivo, se ben usato, deve stimolare nel bambino una maggiore fiducia nelle proprie capacità e l’apprezzamento delle conquiste ottenute. "Un buon compromesso - suggerisce Aldo Grauso - potrebbe essere quello di non promettere premi al piccolo, ma di premiarlo attraverso stimoli rinforzati funzionali. I più promettenti sono indubbiamente le lodi e i complimenti a seguito del raggiungimento di un traguardo, anche se non raggiunto del tutto. L’impostazione sistemico relazionale non inserisce quasi mai nei rinforzi positivi l’oggettistica. Questa viene usata, invece, nell’approccio cognitivo comportamentale. A mio avviso, l’educazione dei bambini deve essere spontanea e non meccanica, come se si addestrasse un animale promettendo il biscotto per farlo stare seduto. Stiamo parlando di relazione, quindi occorre concepire i rinforzi non come esclusivi all’interno di un rapporto educativo. Nei casi di disturbi del neurosviluppo (ADHD, spettro autistico) può avvenire di seguire unicamente la linea del rinforzo oggettistico. Sicuramente è più rapida, ma meno impattante sul versante induttivo ed emotivo a lungo periodo. Consiglio sempre di non utilizzarli in modo rigido e di inserirli in un contesto primariamente relazionale". 

rinforzo positivo, rinforzo negativo—  Il concetto di rinforzo positivo appare ben chiaro. "Traduciamolo in un esempio. Un biglietto colorato - spiega l’esperto - magari lasciato nel diario di scuola, con un messaggio di mamma e papà per far sentire la loro presenza in una giornata di verifiche o di interrogazioni".  Il rinforzo negativo è più complesso da comprendere come concetto e va ben gestito. Secondo Aldo Grauso "se ciò non avviene, produce due grossi problemi: nell’immediato, non argina una criticità, ma al contrario la radicalizza; e nel lungo periodo, conduce a quello che Paterson ha definito il ciclo della coercizione. Si sviluppa, cioè, una relazione scorretta tra l’influenza reciproca tra genitore-bambino e il rinforzo negativo. Quest’ultimo equivale a un togliere qualcosa, è uno stimolo spiacevole la cui rimozione aumenta la probabilità di ripetere un comportamento". Facciamo un esempio: "Se un figlio risponde male ai genitori, il loro rinforzo negativo, in risposta al comportamento irrispettoso, sarà quello di chiudere la comunicazione perché quel tipo di comunicazione attivata dal figlio è disfunzionale. Si riserveranno di interagire verbalmente con lui solo quando parlerà in modo educato e rispettoso". Il rinforzo negativo non è una punizione. "Questi due termini - spiega Grauso - sono spesso confusi. Per tornare all’esempio di prima, se i genitori togliessero il cellulare al proprio figlio perché ha risposto male, quella sarebbe una punizione. In questo caso non ci sarebbe un’azione induttiva, volta alla comprensione del dovuto rispetto nel linguaggio. Al termine della punizione, una volta riottenuto il cellulare, il figlio non avrebbe appreso la dinamica del rispetto, ma forse quella della manipolazione, magari attraverso delle scuse non sentite veramente. L’obiettivo, per lui, sarebbe stata quella di riavere il cellulare". 

nello sport degli adulti—  Chi pratica sport ha sempre due tipi di motivazioni che possono essere usate come autoattivazione: intrinseche, ad esempio la fascia di capitano in occasione di una partita importante, ed estrinseche, come un bonus economico. "L’allenatore - suggerisce Aldo Grauso - deve prediligere i rinforzi interni, attraverso feedback che aumentino il senso di soddisfazione personale circa l’abilità, la dedizione e l’impegno, rispetto ai rinforzi esterni (materiali), spesso limitanti e fonte di pressioni psicologiche. Spostare l’attenzione solo su fattori esterni, infatti, strumentalizza la prestazione fisica e non stimola l’appagamento di chi la compie, ovviamente se si è in un contesto di gruppo la scelta indicata dovrà essere ampliata a tutta la squadra".  L’obiettivo è, in sostanza, quello di favorire il binomio motivazione-prestazione, affinché corpo e mente gareggino in sincronia migliorandosi a vicenda. "Per fare un esempio - chiarisce l’esperto - durante il lockdown nel periodo Covid nel marzo 2020, avevo prodotto per conto della Commissione Medico Scientifica della Lega B della Figc, in sintonia con il Dipartimento dello Sport, un vademecum per i calciatori delle società di Serie B incentrato esclusivamente sulla motivazione primaria (intrinseca), visto che i campionati erano fermi. Lo scopo era quello di rinforzare il senso di appartenenza al gruppo in un periodo storico di profondo individualismo".

 

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