(fonte Gazzetta dello Sport)
Il concetto di intelligenza emotiva fu coniato da Salovey e Mayer, per poi essere a lungo studiato da Goleman, a partire dagli anni ’90. Fa essenzialmente riferimento ad una serie di capacità fondamentali e tra loro interconnesse che permettono all’individuo di essere consapevole di ciò che prova emotivamente e di non esserne sopraffatto. L’intelligenza emotiva consente di organizzare il proprio pensiero in modo che sia funzionale ai propri scopi, soprattutto nei momenti di difficoltà o quando le cose sembrano non andare proprio per il verso giusto.
Di essere consapevole di ciò che provano gli altri e di mostrarsi in sintonia con il loro vissuto, stabilendo relazioni soddisfacenti, comprendendo situazioni sociali e negoziando soluzioni, fino a manifestare una certa attitudine alla leadership. “Spesso questo complesso di capacità è in grado di fare la differenza nel processo di realizzazione personale”. Parole dello psicologo dello sport Mauro Litti, autore del libro Allenare l’intelligenza emotiva nel calcio giovanile: una guida pratica rivolta principalmente a tecnici e professionisti del settore ma anche agli stessi atleti e alle loro famiglie con un focus sulle dinamiche psicologiche coinvolte nel percorso di formazione dei giovani calciatori.
L'INTELLIGENZA CHE FA LA DIFFERENZA—
“L’intelligenza emotiva - dichiara Mauro Litti - permette di non cedere sotto il peso delle pressioni e di reagire efficacemente alle frustrazioni normalmente presenti quando si persegue un obiettivo a lungo termine. Ricordo che qualche tempo fa persino Roberto Baggio affermò in un’intervista come il talento da solo non sia sufficiente per emergere. Quanto questo abbia la necessità di essere supportato dal lavoro costante, dalla perseveranza e dalla determinazione, che rappresentano il presupposto fondamentale di qualsiasi attività con obiettivi di eccellenza”. All’interno del suo libro, l’esperto ha inserito una ricerca sperimentale proprio per documentare come “la qualità del pensiero di un giovane atleta, lo stile ottimistico, rispetto a quello pessimistico, incida in modo statisticamente significativo in termini di vantaggio competitivo, tenacia, impegno e sostegno offerto ai propri compagni, al netto delle abilità tecnico-tattiche e fisico-atletiche possedute da ogni calciatore”. Secondo Mauro Litti, questo fattore assume un carattere predittivo rispetto al tipo di reazione attesa da ciascun atleta, soprattutto nei momenti più difficili o nelle fasi cruciali di un match. “Nel libro - sottolinea l’esperto - ho pubblicato un test appositamente studiato per il contesto calcistico, in grado di misurare lo stile esplicativo nei giovani calciatori nelle varie fasce d’età”.
L'INTELLIGENZA EMOTIVA SI PUÒ ALLENARE— Secondo Mauro Litti, l’intelligenza emotiva è allenabile e migliorabile “al pari delle altre capacità individuali. Anzi, rappresenta una qualità essenziale nella formazione degli sportivi. Gli allenatori devono essere altrettanto consapevoli di quanto lo stile comunicativo e relazionale possa determinare notevoli effetti sul livello di motivazione e sulla maturazione della personalità dell’atleta”. Che cosa si allena, in particolare? “Il modo di spiegare a sé stessi il perché delle situazioni, la tendenza a credere in una certa misura nelle proprie capacità, l’attitudine a mantenere un dialogo interno proficuo e l’abilità nel concentrare i propri sforzi per raggiungere i propri obiettivi”.