(fonte Gazzetta dello Sport)
Con quella faccia un po' così. Quel modo di parlare sempre misurato. Senza mai alzare il tono di voce, Gaetano Salvemini è stato un gentiluomo del calcio italiano. Se n'è andato oggi, in silenzio, a 82 anni. Se n'è andato ma resterà nel cuore dei tifosi delle squadre che ha allenato: Reggina, Spal, Casertana, Ternana, Genoa, Palermo, Cesena e Lucchese, Monza. Ma soprattutto Empoli e Bari, le squadre con cui ha fatto la storia. Perché Gaetano Salvemini da Molfetta - nome, cognome e luogo di nascita uguali a quelli dello storico antifascista e meridionalista scomparso nel 1957 - era una persona perbene. Ed era un vincente. Soprattutto nella seconda metà degli anni Ottanta. Sulle panchine di Empoli e Bari.
In campo— Proprio con la squadra toscana aveva terminato la carriera da calciatore. Una carriera iniziata nel Molfetta, passata anche per una fugace apparizione all'Inter, anche il meglio lo aveva dato in precedenza con la Mestrina e il Venezia e, in seguito, proprio a Empoli, a Siena e a Como.
in panchina— La seconda volta a Empoli (1977-78) fu anche l'ultima. Da lì partì la carriera in panchina. tre stagioni di C, poi Reggina, Spal, Casertana e Ternana. Prima del terzo rientro all'Empoli. Nel 1985-86 portò i toscani per la prima volta in A. Debuttò in A l'anno seguente con due vittorie, battendo l'Inter a Firenze e vincendo ad Ascoli. "Mancano 26 punti alla salvezza" si schernì dagli elogi con l'umiltà che lo contraddistingueva. Gliene bastarono altri 19 per restare in A. Il "miracolo", anche a causa di una penalizzazione di 5 punti per illecito, non si ripeté l'anno seguente. Ma le qualità di quell'allenatore schietto e che bada al sodo vennero notate da Vincenzo Matarrese, presidente del Bari. Tornò nella terra natale. E fu profeta in patria coi biancorossi con cui ottenne la promozione in A con sole tre sconfitte (record per il club biancorosso), la conquista della Mitropa Cup e due salvezze di fila nella massima serie, la seconda nel nuovo stadio San Nicola. Gli fu messo a disposizione un Bari, sulla carta, che avrebbe dovuto puntare a un piazzamento Uefa. Sulla carta. Perché di fatto era un Bari male assortito. Con Platt e poco altro. La sua A nel 1991-92 durò cinque gare. Si dimise dopo una sconfitta a Torino con la Juventus (2-0). Era pronto a tornare dopo che il suo successore, Zbignev Boniek, aveva fatto anche peggio: un pari e sei stop di fila. "Era tutto fatto" disse. Ma durante la sfida di Coppa Italia con la Sampdoria (2-2), nonostante l'eliminazione, i tifosi urlarono "In B ma con Zibì". E il suo ritorno non si concretizzò perché Matarrese non volle aggiungere tensioni con la curva in una stagione finita comunque finita male.
ultima fase— Dopo Bari, Salvemini allenò Cesena, Palermo, Genoa (due volte), Lucchese, Cremonese e Monza. Ma solo sulla panchina dei liguri vinse ancora. Conquistò il Trofeo anglo-italiano nel 1996 dopo essere subentrato a Gigi Radice. Tornò in rossoblù nel 1997-98 ma fu esonerato dopo un punto in cinque gare. L'esperienza in Brianza fu l'ultima della carriera da tecnico. Si ritirò a Gualtieri, vicino Reggio Emilia, e fece il marito, il padre e il nonno. Fino a oggi. Riposa in pace, Gaetano.