(fonte Gazzetta dello Sport)
Il Cammino del Melandro è un viaggio a piedi nella Valle del Melandro, nel cuore della Basilicata, per un'immersione totale in una terra in cui il tempo sembra essersi fermato. 7 giorni, 6 tappe, 120 chilometri e 3.700 metri di dislivello positivo, per un percorso ad anello che si snoda tra antichi borghi poco conosciuti, cascate nascoste, boschi, siti archeologici che raccontano storie e leggende, alberi secolari, e monasteri che offrono rifugio alla spiritualità. E dove ogni passo rivela un paesaggio diverso, dalle dolci colline dorate alle montagne più verdi, in un percorso che non è solo un viaggio nello spazio, ma anche o forse soprattutto un viaggio interiore alla scoperta di una regione autentica, che mette il cuore in tutto ciò che fa e non esita a offrirti ospitalità se piove o a farti abbeverare alla sua fonte se è troppo caldo. Un’ospitalità che è innata e che ti fa sentire a casa, passo dopo passo, nonostante la fatica, e il sole estivo che brucia sulla pelle.
le tappe del cammino e come è nato— Ma andiamo per gradi e partiamo dall’inizio. Il Cammino del Melandro prende il nome dalla sua Valle, ed è stato ideato da un gruppo di appassionati amanti della natura e del trekking, capeggiati da Rocco Perrone dell’agenzia IvyTour Basilicata. La partenza avviene all’Oasi WWF del Pantano di Pignola e prosegue inoltrandosi nei boschi del Parco Nazionale Appennino Lucano. Venti di chilometri abbastanza facili che permettono di raggiungere il rifugio Casermetta, dove si fa una sosta ristoratrice e si possono riempire le borracce grazie a una fonte. Da qui si riparte e strada facendo ci fermiamo a leggere le tracce lasciate da alcuni animali selvatici, forse poco prima del nostro passaggio. Sono le guide che ci accompagnano, Rocco Perrone e Donato Lucia, a farcele notare. Ecco la fatta di un lupo (un vero lupo), distinguibile perché presenta tutt’attorno dei peli di cinghiale, animale di cui evidentemente si era cibato.
“La Basilicata – spiega Lucia - è rappresentata da boschi; il nome antico di questa regione è Lucania che ha due origini: una latina e l’altra greca. Dal latino è Lucus e significa terra di boschi sacri, e dal greco è Lycos che significa lupo, come abitante di questo bosco. E in questo punto abbiamo la conferma di ciò che è la Basilicata”. Pochi passi più avanti si trova un’altra traccia, l’insoglio o meglio una area ristretta con un po’ d’acqua e fango: “L’insoglio - racconta questa volta Rocco - è la spa dei cinghiali; gli ungulati si ricoprono di fango, poi lo fanno asciugare, e quindi si sfregano contro un ramo per ripulirsi di tutto”.
E tra una spiegazione e un’altra arriviamo a Satriano di Lucania, un caratteristico borgo in provincia di Potenza e capoluogo della “Valle più dipinta d’Italia”. Un luogo che è stato fortemente colpito dal sisma del 1980, che è riuscito a ritrovare il suo antico splendore facendo abbellire le case e le vie del centro storico con oltre 160 murales. Risultato? Una tavolozza di colori incredibile che lascia a bocca aperta. Ed è qui che sostiamo e trascorriamo la notte, con gli abitanti del luogo che prendono una boccata d’aria fresca al bar, aspettando che sfornino, alle 22, i cornetti caldi.
seconda tappa tra murales e un sito archelogico— La seconda tappa è di circa 15 chilometri, ma prima è in porgramma una passeggiata tra i murales, con Rocco che ci guida tra i tanti disegni e facendo notare quelli dedicati al Carnevale. Che non è un semplice carnevale, ma un'antica festa popolare che si svolge il sabato e la domenica prima del martedì grasso, considerata una degli ultimi riti arborei e ancestrali sopravvissuti nella loro integrità. Ma è tempo di cammino e ci inoltriamo nella campagna per poi risalire fino al sito archeologico della Torre di Satriano dove la guida locale ci spiega la particolarità e unicità del posto, tra leggenda e storia. Abbiamo ancora un po’ di chilometri prima di raggiungere Savoia di Lucania dove ci fermiamo per la notte.
terza tappa tra cascate e il borgo dei murales e delle cantine— La terza tappa è di 18 chilometri e parte da contrada Sorbo (frazione di Savoia), dove abbiamo pernottato e suonato insieme a Donatello (proprietario del b&b) alcuni strumenti tradizionali come il tamburo e le percussioni, e raggiungiamo Savoia di Lucania, un altro borgo ricoperto di splendidi murales. E strada facendo scopriamo la tomba di Giovanni Passannante, anarchico rivoluzionario natio di questo borgo, che attentò alla vita di Re Umberto I di Savoia in visita a Napoli.
Ci fermiamo per un veloce snack, per poi proseguire in discesa nella parte più bassa del Vallone del Tuorno, tra una fitta vegetazione, con il sentiero che culmina in un'attrazione imperdibile: le cascate. I più coraggiosi (tra cui la sottoscritta) si sono concessi un bagno gelido, un momento di puro contatto con la natura per rigenerare il corpo e lo spirito. E dopo un po’ di relax si prosegue per raggiungere il paese dove pernottiamo: Sant’Angelo le Fratte, un altro paese facente parte della "Valle più dipinta d’Italia", un vero gioiello con oltre 150 murales che raccontano il territorio. Ma famoso anche per le sue cantine, una cinquantina ricavate nella roccia a monte del paese, dove un tempo i contadini conservavano il vino e le derrate alimentari. Cantine che ricordano la vita di un tempo e dove in estate si fa una sagra molto apprezzata chiamata “Cantine aperte”.
quarta tappa con sosta ecstatic danza— La quarta tappa è la più impegnativa per via del dislivello in salita che conduce all’altopiano di Campo Venere, da cui si può scorgere il Golfo di Salerno distante oltre 100 chilometri. Quindi si scende il crinale e si fa una piccola sosta alla fonte posta accanto a una casa rurale, con i proprietari che ci accolgono con un sorriso, compreso il lupo che si avvicina incuriosito per poi farsi coccolare. Pochi chilometri e si giunge all’agriturismo dove pernotteremo e dove faremo un’attività davvero particolare: l’Ecstatic Dance, una forma di danza in cui i partecipanti si abbandonano al ritmo muovendosi liberamente, seguendo le note musicali. Una danza con le cuffie alle orecchie in cui ci si concentra su se stessi e la musica, e dove i pensieri volano talvolta lontano.
quinta tappa con santuario, ponte tibetano e "bagno di foresta"— Il mattino seguente ci aspetta una tappa di 20 chilometri che ci porta sul monte dove si trova il santuario del Crocifisso di Brienza a 1100 metri di altitudine, e alcuni volontari che custodiscono il luogo ci accolgono con pizzette e bibite. Quindi scendiamo in paese lungo la via dei pellegrini e dopo avere avvistato il Castello saliamo a Sasso di Castalda, dove ci aspetta il Ponte alla Luna, il ponte tibetano a una campata, lungo 300 metri e sospeso a 120 metri di altezza. Un’esperienza da fare assolutamente, se non si soffre di vertigini, molto adrenalinica. Ma non è l’unica esperienza perché c’è anche il “bagno di foresta” al tramonto; un paio d’ore immersi nella natura, ascoltando il luogo, e facendo attenzione a ciò che ci circonda. Un momento detox da tutto e in particolare dal mondo digitale, per ritrovare noi stessi e dare valore a ciò che abbiamo attorno e troppo spesso diamo per scontato.
ULTIMA TAPPA NELL'OMBROSA FAGGETA— E arriva l’ultima tappa di 18 chilometri che da Sasso ci riporta al punto iniziale: Pantano di Pignola. Ci immergiamo nella campagna e dopo avere costeggiato l’oasi dei cervi camminiamo in una delle faggete più belle d’Italia, imbattendoci in un vecchio faggio di oltre trecento anni, nodoso e imponente, ai cui piedi sbucano dei minuscoli fiori di colore lilla. Proseguiamo salendo fino alla Madonna del Sasso e strada facendo incontriamo una mandria di candide vacche podoliche. Poi scendiamo costeggiando il fiume Basento e giungiamo al lago Pantano di Pignola. Siamo arrivati alla meta finale. Ce l’abbiamo fatta!
Il Cammino del Melandro si conclude con un profondo senso di gratitudine e meraviglia per quanto vissuto. Dopo aver percorso 120 chilometri a piedi suddivisi in sei tappe, ogni passo è stato un'immersione nella storia, nella natura e nella calda ospitalità della gente della Basilicata. I borghi antichi, incastonati come gioielli tra le colline, ci hanno accolto con la loro bellezza senza tempo, offrendo scorci di un'Italia autentica e poco nota.
Un cammino lungo, a tratti faticoso, e ancora work in progress (manca la segnaletica e altro che entro ottobre 2025 verrà messa a punto, così da potere affrontare il cammino in autonomia), ma che è molto più di un cammino o di un semplice viaggio, è un'esperienza di connessione profonda con un territorio ricco di storia e di umanità. Quell’umanità che ti accoglie a braccia aperte e ti offre un bicchiere di Aglianico o un pezzo di carne alla brace, che al balcone ti saluta e ti chiede “dove stai andando?”, che ti apre le porte di casa e ti prepara un banchetto con i prodotti della terra, e si prodiga senza sapere nulla di te per procurarti ciò che ti manca. Senza fretta.
Un'esperienza che resta nel cuore, con la consapevolezza che la Valle del Melandro lascia un segno indelebile, invitando chi la scopre a tornare e a continuare a esplorare questa meravigliosa terra.