giovedì 18 luglio 2024

SANT'ELPIDIO JAZZ 2024

MOSTRI SACRI E NUOVI TALENTI

Ritorno sull’argomento festival estivi. Ce ne sono tanti in giro per l’Italia e per tutti i gusti. Con Musicabile ne ho proposti molti negli anni scorsi, mi piacciono quelli che hanno alle spalle una storia, molto più di quelli che presentano artisti famosissimi – andando sul sicuro – invece di rischiare con un sapiente mix di musicisti noti e meno noti, comunque tutti di gran livello professionale e artistico. Una riflessione che avevo fatto proprio in questo blog il mese scorso intervistando Max De Aloe. Oggi ve ne segnalo uno che, per come è nato, per la passione del patron che l’organizza da un quarto di secolo e per l’equilibrio con cui sono stati decisi i concerti vale la pena annotare nella propria agenda estiva.  Siamo nelle Marche, dalle parti di Fermo, per precisione a Sant’Elpidio al mare, borgo adagiato su una collina a pochi chilometri dall’Adriatico. Qui, martedì prossimo, 23 luglio, inaugura il S.e.j.f. Sant’Elpidio Jazz Festival (festival del circuito Jazz di Marca) organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune e dall’associazione AMAT in collaborazione con Syntonia Jazz, sotto la direzione artistica di Alessandro Andolfi.Leggendo il programma noterete come nomi assoluti del jazz, vedi John Scofield & Dave Holland in favolosa accoppiata che apriranno il festival il 23 luglio, il brasiliano João Bosco in quartetto con Ricardo Silveira alla chitarra, Kiko Freitas alla batteria e Guto Wiritti al basso, reduce da un album molto interessante uscito il 10 maggio scorso, Boca Cheia de Frutas (29 luglio), Paolo Fresu con Glauco Venier, nella chiesa Perinsigne Collegiata in Piazza Matteotti in un “dialogo” tra jazz e barocco per tromba e organo Callisto (2 Agosto), Daniele Di Bonaventura con il suo bandoneon e Ramberto Ciammarughi al pianoforte sul lago di Caccamo a cui spetterà l’onore di chiudere il festival il 14 agosto, vanno d’accordo con altrettanti nomi di giovani artisti che vale la pena di ascoltare con attenzione, vedi Francesca Tandoi (di cui vi avevo parlato qui) con Stefano Senni al contrabbasso, Giovanni Campanella alla batteria e la chitarrista Eleonora Strino (1 agosto), Frida Bollani Mangoni con Albert Eno (4 agosto), in un progetto che li ha avvicinati già da qualche anno, l’inglese Theo Croker (tromba) con Mike King al pianoforte, Eric Wheleer al contrabbasso e Jaylen Petinaud alla batteria (7 agosto).

«Un festival, soprattutto se si parla di jazz, deve avere la sua giusta alternanza per attirare  anche i giovani. Come vedi non ho inserito solo jazzisti puri, proprio per ampliare l’orizzonte degli ascolti e far sì che anche i trentenni e i quarantenni possano apprezzare questo genere musicale straordinario», mi spiega Alessandro Andolfi che ho chiamato per farmi raccontare la genesi della manifestazione che ha raggiunto i 25 anni di età e che prevede sa sempre delle masterclass che poi durano per tutto l’inverno dedicate a giovani musicisti che vogliono perfezionarsi nel linguaggio musicale dell’improvvisazione.

Alessandro raccontami com’è iniziato il tutto…

«L’intenzione con cui siamo partiti era quella di lasciare un segno sul territorio. Intanto siamo arrivati fino qui rispettando lo spirito dell’associazione Syntonia, nata come attività di volontariato, per trasportare a Sant’Elpidio alcune mie esperienze personali fatte all’estero. Andavo nei paesi anglosassoni per imparare l’inglese, necessario per la mia attività imprenditoriale, e da appassionato di jazz che si dilettava con il pianoforte mi iscrivevo a masterclass di una settimana. L’ho fatto a Londra, alla Royal Academy of Music e sono tornato a casa portandomi dietro un’esperienza straordinaria. In pochi giorni ho imparato tanto, condividendo le esperienze di persone che provenivano da varie parti del mondo, la mia maturità musicale ha ricevuto un’accelerazione molto consistente. Ricordo che ho subito pensato: perché questa esperienza non la trasferisco nel nostro territorio dando l’opportunità anche ad altre persone di vivere quello che ho vissuto io? Due anni dopo ero a Boston per un altro corso di lingua e un’altra masterclass, questa volta alla Berklee School of Jazz. Avevo familiarizzato con Jack Perricone, professore di armonia, così gli ho proposto di portare in Italia l’esperienza della Berklee pur sapendo che Umbria Jazz aveva un contratto in esclusiva con la scuola. Lui, pragmaticamente, mi disse: Make a Plan». 

Gli americani, gente pratica! Hai dunque preparato un progetto?

«Ho portato il depliant della Berklee al mio sindaco spiegandogli che potevamo trasportare questa realtà a San’Elpidio. Mi ha ascoltato e ha accettato, abbiamo ottenuto la collaborazione della Regione e di privati e siamo riusciti a portare qui 50 musicisti provenienti da tutte le parti d’Italia invitando sei insegnanti della Berklee. Il problema dell’esclusiva con Umbria Jazz era stato ovviato: eravamo noi che invitavamo alcuni singoli insegnati della scuola».

Fino a qui ok, ma il festival?

«Allora nella mia testa non era passata l’idea di organizzare anche dei concerti. Mi interessavano i corsi. Gli insegnanti americani mi dissero che non potevo fare solo corsi fini a se stessi, ma che avrei dovuto pensare anche a jam session e concerti, parte integrante dell’attività didattica. I musicisti che partecipavano al corso dovevano anche mettere in pratica quello che avevano imparato. Il primo anno abbiamo chiamato Benny Golson, il secondo Kenny Wheeler,m per suonare nel concerto finale con gli insegnanti della Berklee». 

Quanto è durata la collaborazione con la scuola di Boston?

«Tre anni, l’attività s’è fermata a causa del terremoto nel 1997. Non avevamo  più lo stabile dove alloggiare i musicisti. Però abbiamo continuato con i concerti. Le masterclass le abbiamo mantenute con Ramberto Ciammarughi (quest’anno s’è aggiunta Eleonora Strino, che insegna chitarra jazz al conservatorio di Fermo)». 

In 25 anni il territorio ha risposto all’iniziativa?

«È stato ed è tuttora una leva importantissima per il nostro territorio. Banalmente, qui le discussioni al bar vertono quasi esclusivamente sul calcio. Sant’Elpidio è un piccolo paese, ma dopo due tre anni di concerti quando andavo al bar e domandavo se fossero piaciuti i concerti tutti commentavano di musica come fosse calcio: “che bravo quel chitarrista“, “e perché, il batterista no?”. Insomma si stimolava un dibattito. La musica unisce le persone, le fa dialogare. Organizzare il festival è un sacrificio ricompensato perché ti rendi conto che nulla è stato fatto invano. Sono delle sane iniezioni di cultura che fanno bene alla comunità».

 

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