(fonte Gazzetta dello Sport)
L’industria automobilistica è rimasta per molti decenni un ambiente prevalentemente maschile. Delimitando l’osservazione ai dirigenti di alto livello, gli uomini ne hanno rappresentato quasi la totalità dei componenti. Ma i tempi stanno cambiando anche in questo settore, sebbene a ritmi lentissimi.
Oggi un nome sovrasta gli altri: Mary Barra, l’unica donna ad aver mai ricoperto il ruolo di Ceo (amministratore delegato) di un grande gruppo automobilistico. Arrivata al vertice della General Motors nel 2014, da dieci anni risponde con la massima energia a sfide e problemi che hanno comportato la fine di non poche carriere illustri in posizioni analoghe. Una decade costellata da luci e ombre, successi e sconfitte. Ha già raggiunto un traguardo dal significativo valore simbolico: è al secondo posto nella storia della GM in quanto a durata dell’incarico di Ceo (dopo il mitico Alfred Sloan, al comando dal 1923 al 1946). E non accenna a mollare. Così come gli uomini che l’hanno preceduta, non è stata infallibile. Ha preso in mano un’azienda convalescente da una crisi che la distrusse, l’ha riportata ad essere competitiva e redditizia in mezzo a colossali stravolgimenti del modo stesso d’intendere l’automobile. E continua a giocarsi alla pari una partita tremenda.
MARY BARRA, UNA VITA ALLA GENERAL MOTORS—
La GM e Mary Barra sono una cosa sola: suo padre vi ha lavorato per 40 anni come operaio nella fabbrica della Pontiac e lei stessa ha trascorso l’intera sua vita professionale in questa grande società automobilistica. Nata il 24 dicembre 1961 nella periferia di Detroit come Mary Teresa Makela da famiglia di origini finlandesi, si laureò in ingegneria all’Istituto General Motors nel 1985. Cinque anni più tardi conseguì un master in economia aziendale all’università di Stanford. Ma già dal 1980 lavorava alla Pontiac ispezionando parafanghi e cofani motore. Che fosse una ragazza molto brillante lo si vide subito, infatti cominciò a scalare progressivamente e sistematicamente la scala gerarchica. Nel frattempo sposò Tony Barra, incontrato ai tempi dell’università.
LA SCALATA ALLA GM— Nel 2004 troviamo Mary nel ruolo di direttore esecutivo della progettazione veicoli dell’intero gruppo GM. Qualche anno dopo ricopre un’altra carica primaria: vicepresidente delle risorse umane, quindi del personale. Da questa posizione ha condotto le delicatissime trattative con i sindacati nel pieno della crisi che nel 2009 portò al fallimento del colosso industriale fondato da William Durant nel 1908, salvato solo dall’intervento del governo federale che, per volontà del presidente Barack Obama, mise sul piatto circa 80 miliardi di dollari pagati dalle tasse degli americani. Mary Barra si occupò successivamente, dal 2011, dello sviluppo globale del prodotto. In altri termini, dirigeva l’intero processo che porta alla produzione dei veicoli. Un eccellente trampolino di lancio per approdare, nel 2014, al vertice dell’azienda: Ceo, amministratore delegato, di tutta la General Motors, la cima della piramide. Mai una donna era arrivata così in alto in questo settore.
GRANDE RUOLO, GROSSI STIPENDI ED ENORMI PROBLEMI— Più la poltrona è importante, più fragili sono le sue gambe. Perché tutte le responsabilità, quindi i guai, vanno a gravare su di essa, insieme a chi la occupa. È uno dei motivi per cui i grandi manager guadagnano cifre elevatissime agli occhi delle persone con occupazioni normali. Mary Barra nel 2022, ultimo dato disponibile, ha ricevuto compensi totali per circa 29 milioni di dollari (equivalenti a poco più di 27 milioni di euro a fine 2022). In linea con quelli dei colleghi vicini di casa: nello stesso periodo il leader di Stellantis (che comprende Chrysler) Carlos Tavares ha guadagnato 23,5 milioni di euro, pari a 24,7 milioni di dollari, mentre il Ceo di Ford Jim Farley ha ricevuto circa 21 milioni di dollari, cioè 19,6 milioni di euro. Ma nel 2014 le grane pesanti per il nuovo leader di GM non si sono fatte attendere.
RICHIAMI SENZA FINE— Neanche il tempo di sedersi sul “trono” della GM ed ecco il primo siluro per la signora Barra: poche settimane dopo l'inizio del suo incarico (avvenuto formalmente il 15 gennaio 2014) scoppiò lo scandalo del blocchetto di accensione. Un difetto in questo componente provocava durante la marcia l’improvviso spegnimento del motore, rendendo quindi inutilizzabili sterzo, freni ed airbag. Gli incidenti provocati da questo problema hanno causato 124 morti e 275 feriti. Nel solo 2014 la GM fu costretta a richiamare oltre 30 milioni di veicoli. Circa un miliardo e mezzo di dollari in fumo per i vari risarcimenti e costi collegati. Il peggiore scandalo nella storia di questa azienda. Una crisi potenzialmente letale per una compagnia che solo cinque anni prima aveva portato i bilanci in tribunale. Mary Barra rispose con azioni drastiche, licenziando parecchi dirigenti e ricostruendo completamente la struttura aziendale responsabile per la sicurezza dei veicoli.
MARY BARRA: LA NUOVA GENERAL MOTORS E IL NO A MARCHIONNE— La GM doveva cambiare radicalmente rotta, sotto tutti i punti di vista. Non poteva più rimanere una conglomerata globale basata sulla rincorsa di larghi volumi di vendite ma bassi, quando non nulli, margini di guadagno. E anche la gamma di modelli doveva non solo mantenersi al passo coi tempi ma guardare lontano, molto avanti. Redditività e innovazione furono le linee guida adottate da Mary Barra per la nuova General Motors in divenire. In pochi anni vennero fortemente ridimensionati quasi tutti i mercati, concentrando le risorse in soprattutto in Nord America e Cina. Venne deciso il ritiro dall’Europa, quindi la vendita nel 2017 della Opel, di cui la GM era proprietaria dal 1929. La casa tedesca di Rüsselsheim diventò cugina di Peugeot e Citroën con la cessione al gruppo Psa diretto da Carlos Tavares (ma a fine 2023 il gruppo ha avviato un ritorno europeo con l'elettrica Cadillac Lyric). La rinuncia alla dimensione globale fu probabilmente alla base dei netti rifiuti di Mary alle “avances” di Sergio. Cioè Marchionne. Il capo di Fiat-Chrysler sosteneva ardentemente l’opportunità di procedere ad una fusione con la GM. La riteneva l’unica strategia possibile per sopravvivere in un mondo che diventava sempre più complesso e costoso. Tuttavia era una politica diametralmente opposta a quella elaborata da Barra. Un matrimonio che manzonianamente “non s’aveva da fare”.
LA STERZATA ELETTRICA— La madre di tutte le rivoluzioni in campo motoristico nelle ultime due decadi: l’auto elettrica come strumento di mobilità di massa. Mary Barra ci si è tuffata anima e corpo, come e forse anche più dei rivali. Obiettivi esposti a chiare lettere, ripetuti e confermati anche di recente. La General Motors, ha annunciato l’amministratore delegato nel 2021, nel settore dei veicoli leggeri (autovetture e mezzi commerciali piccoli e medi) vuole produrre solo modelli elettrici dal 2035. L’investimento previsto, che include anche ricerca e sviluppo della guida autonoma, ammonta a 35 miliardi di dollari. Senonché, a causa di numerosi e complessi motivi, la realtà del mercato finora è stata decisamente diversa, per tutti i costruttori e non solo in America. Vendite molto basse, profitti marginali ma costi sempre ingenti. Nel 2023 il gruppo GM ha venduto circa 75.000 veicoli elettrici, meno del 3% delle sue consegne totali. Ciò ha comportato il ridimensionamento di obiettivi e investimenti. Situazione comune a tutti. Ma non per questo meno problematica. Barra ci crede ancora, tuttavia resta pragmatica: “Abbiamo sempre in essere il piano di produrre solo EV leggeri dal 2035 – ha dichiarato lo scorso dicembre alla rete televisiva americana Cnbc – Ma ci adatteremo alle richieste del mercato. Però io credo effettivamente che questa transizione possa avvenire nel tempo”.
LE SOFFERENZE SULLA GUIDA AUTONOMA— L’altro caposaldo della strategia industriale elaborata da Mary Barra riguarda la guida autonoma. Diventata un reale strumento di business con l’avvio del servizio di robotaxi a San Francisco, tramite la società Cruise. Sembrava che si fosse sull’orlo del decollo di un mercato ad altissimo potenziale di redditività. Fino al 2 ottobre 2023, quando un veicolo automatico Cruise ha “agganciato” un pedone investito da un’altra auto (guidata da un essere umano), trascinandolo per circa sei metri prima di arrestarsi. Le indagini sull’accaduto sono ancora in corso, però dopo l’incidente il servizio è stato sospeso, provocando un terremoto nella società Cruise, tra dimissioni e licenziamenti di dirigenti e personale. La conseguenza è l’aumento dei dubbi generali sulla guida autonoma, il che ha imposto una revisione dei piani di Barra e GM.
MARY BARRA: IL BILANCIO DI UNA GRANDE MANAGER— Uomo o donna al vertice di un’azienda? Distinzioni che non hanno senso. Mary Barra ha dimostrato con i fatti (qualora fosse ancora necessario), in oltre quarant’anni di carriera di cui dieci al comando di una delle maggiori aziende mondiali, che le doti importanti sono competenza, carattere ed energia. Tutto ciò trascende dal genere. Positivo o negativo il risultato di questa decade da Ceo della GM? Negli ultimi due anni il valore del titolo azionario è quasi dimezzato. Nel decennio è di poco superiore a quanto fosse nel 2014. Luci e ombre. Ma in mezzo a tutte le gravissime difficoltà in cui è precipitata l’industria automobilistica insieme all’economia generale e al tessuto stesso della società globale (pandemia, guerre e rivoluzioni tecnologiche), quanti avrebbero saputo fare di meglio?