a cura di Angela Caputo
Oggi incontriamo Massimiliano Cammarata, originario di Carini, in provincia di Palermo, classe 1975. Fin da bambino, mostra una spiccata e naturale predisposizione per il disegno. Frequenta il Liceo Artistico di Catania. Pur non seguendo la via dell’arte dopo il Liceo, non perde di vista questa sua passione. Nel 2002 consegue la Laurea in Architettura. Nel 2009 scopre la pittura e da quel momento comincia un'incessante attività artistica, senza soste, fatta di continue sperimentazioni. Nel 2018 si dedica alla scrittura, esordendo con libri che parlanodi lui e del suo vissuto. Nel 2020 decide di mettersi in gioco, scrivendo, come quarto libro, quello che è il suo primo vero romanzo “Detto semplicemente”, un racconto che stavolta non è autobiografico. Nel 2021 pubblica il suo secondo romanzo: “Voglio fare il gentiluomo”, che conferma la linea seguita nel primo. Il suo recente romanzo, “La rosa verde”, prosegue perfettamente la linea dei primi due.
Allora, Massimiliano, sei sempre stato in bilico tra arte e scrittura. Quale delle due prevale alla fine?
Ho cominciato a dipingere verso la fine del 2009 ma è stato tra il 2012 e il 2013 che, dopo veri esperimenti e un continuo alternare tra figurativo e astratto, ho trovato quello che è ancora il mio vero linguaggio: un connubio di svariati materiali, sabbie, glitter, collage, ma che hanno come base i colori acrilici, i quali mi permettono di realizzare più velocemente quello che ho in mente. Spatole e pennelli, e talvolta anche le dita, sono i mezzi che utilizzo per stendere i colori. Per quanto riguarda la scrittura il discorso è un po' diverso perché l’ho scoperta da pochi anni. Considero il vero atto di nascita della “mia” scrittura “Detto semplicemente”, il mio primo romanzo, uscito nell’autunno del 2020.
Quali sono gli autori che hanno influenzato il suo percorso di scrittura?
A dire il vero non c’è stato nessun autore in particolare. O meglio, ho cominciato a frequentare i romanzi piuttosto recentemente, dalla primavera del 2020 per l’esattezza, mentre prima preferivo leggere saggi e libri di altri generi (psicologia e spiritualità in primis). Sicuramente ha giovato tanto il fatto di essermi imbattuto in romanzi moderni, questo ha fatto sì che mi appassionassi al genere e, successivamente, a farmi capire che anch’io potevo avere qualcosa da dire. Mi imbattevo casualmente in libri, molti dei quali auto pubblicati su Amazon, di autori poco conosciuti, ma che comunque scrivevano storie per me appassionanti, per poi passare ad altri autori altrettanto interessanti, anch’essi self-publishing, ma che usavano piattaforme che permettevano una maggiore divulgazione, andavano oltre Amazon. Ad oggi anch’io sono uno di quelli. Vabbè, poi ci sono anche gli scrittori più collaudati, che scrivono per case editrici, come Fabio Volo, Lorenzo Marone, Riccardo Bertoldi, Francesco Sole, tanto per fare qualche nome. E ce ne sono tanti altri che non sto nominando.
“La rosa verde” è il tuo ultimo romanzo, ci racconti la genesi e il significato dell’opera?
Parlare di “La rosa verde” mi emoziona parecchio. È probabile che chi legga questo lungo romanzo (sono più di trecento pagine!), alla fine si possa - e mi possa - chiedere quale piacere abbia provato a raccontare le vicissitudini di un povero sfigato, ingenuo e anche molto immaturo, qual è Samuele, il protagonista del romanzo. Non saprei dare una risposta secca e univoca – spesso me lo domando anch’io – ma sicuramente raccontare di Samuele, per me ha rappresentato uno sfogo, un tirare fuori qualcosa dentro di me, che ormai stava sepolto in profondità da molti anni. Samuele dovrà rendersi conto che il suo è un mondo fatto di illusioni e che è destinato a crollare, pezzo dopo pezzo. Difatti ne vedrà di tutti i colori. E alla fine, cosa rimane? Rimane lui. Proprio così, tutto dovrà ricominciare da lui perché il mondo esterno non ti da niente. Il mondo di fuori sa essere anche cattivo, come avrà modo di sperimentare. Ma Samuele Bonifacio non è solo il “citrullo fasullo” – così lo chiamavano due suoi colleghi all’inizio -, non è solo l’ingenuo credulone, così come non è solo l’immaturo e irresponsabile ma è ben altro. Samuele è un ribelle, uno che non ci sta affatto a vivere una vita che non gli piace, che gli sta stretta. È uno che ha già capito che l’essersi preso una tanto sofferta laurea è stato solo per accontentare la famiglia (soprattutto suo padre) e che è arrivato il momento di rivendicare ciò che è davvero suo. Samuele rifiuta il sistema, quel sistema che ti costringe a vivere per lavorare, solo che nel tentativo di fregarlo rimarrà fregato lui stesso. Sarà solo nella seconda metà del libro, che una persona gli aprirà gli occhi e lo saprà spronare a trovare la sua strada. Un’altra cosa che il lettore si potrebbe domandare nel leggere è: dove sta questa rosa verde, dal momento che per buona parte del libro non se ne parla proprio? Difatti dovrà aspettare prima che se ne parli, ma se ha pazienza, vedrà che questo fiore ha un ruolo determinante. Si tratta di una rosa colorata con pigmenti sintetici, come del resto lo è quella blu, e simboleggia la rinascita, l’inizio di qualcosa di nuovo. Il nostro protagonista lo scoprirà e penserà di regalarla a una persona ma adesso non posso dire come finirà. Come è mi consuetudine, il lettore si immergerà in una realtà totale, dove anche in questo caso la musica sarà un’importante protagonista.
Progetti per il futuro?
Sto buttando giù le basi per un mio sesto libro che si chiamerà: “C’è ancora quel gruppo di amici”? Avrà come tema centrale il mutamento dei rapporti umani, le amicizie che col tempo svaniscono ma non solo.
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