mercoledì 14 febbraio 2024

ANCHE CHI E' TIMIDO PUO' ESSERE UN LEADER?

CERTO CHE SI, GRAZIE ALLO SPORT

a cura di Roberto de Filippis (fonte Gazzetta dello Sport)

Quando si trovano nel proprio “ambiente naturale”, gli atleti professionisti possono quasi trasformarsi. Sono infatti numerosi gli esempi di quelli che al di fuori del campo da gioco appaiono timidi, ma che una volta cominciata la competizione sono in grado di caricarsi la squadra sulle spalle, diventando leader per i compagni. Lo stesso può accadere nella professione: in ogni ambito l’individuo vive la vita come una prestazione. E proprio da qui nasce l’attenzione nei confronti della human performance. Com'è possibile una metamorfosi così profonda?

IN CAMPO E FUORI—La timidezza è una caratteristica che rientra nella sfera sociale e che è quasi sempre associata all’insicurezza nelle proprie capacità. In realtà, a meno che non sia all’inizio della carriera, è molto difficile che un atleta professionista sia timido nei confronti dei compagni e dell’allenatore. Infatti, il percorso necessario a raggiungere certi livelli “impone” il superamento della timidezza in ambito professionale, anche se poi ci si può ritrovare spaesati e quasi intimoriti quando ci si trova in situazioni in cui non si è abituati a trovarsi. Chi è timido di carattere acquisisce maggiore consapevolezza di sé migliorando nella tecnica e nella tattica di gioco. Sentendosi più sicuro delle proprie capacità, diventa anche cosciente della maggiore fiducia che compagni e allenatore hanno nei suoi confronti, quindi inizia a poco a poco a essere meno timido. Il “superamento” della timidezza è favorito anche dall’esperienza: più a lungo si fa parte di una squadra, meglio si conoscono le dinamiche di gruppo e anche questa consapevolezza aiuta a essere meno timidi. “La competenza, sotto l’aspetto tecnico-tattico e relazionale, è una qualità fondamentale per essere leader sia nello sport professionistico sia in quello amatoriale” sottolinea il dottor Alessandro Bargnani, direttore del Centro Psicologi dello Sport Italia di Padova. A qualsiasi livello, le sfide affrontate in carriera riducono la timidezza, che è dunque più comune fra bambini e adolescenti che praticano sport.

IL FALLIMENTO—  È proprio grazie allo sport che è possibile trasformare la timidezza in sicurezza e “consistenza”, grazie a cui si può offrire il proprio contributo al gruppo. Anche in altri ambiti della vita. Perciò, ai bambini e agli adolescenti insicuri è consigliato praticare sport di squadra: il confronto con i coetanei aiuta infatti a crescere e a sviluppare la personalità. Questa è la premessa fondamentale per porsi come un leader. “La leadership può essere esercitata ponendosi in modi diversi nei confronti di compagni e allenatore: lo si può fare, per esempio, con umiltà o con arroganza, ma senza necessariamente infrangere il rispetto dei ruoli” osserva il dottor Bargnani. Per superare la timidezza, una buona strategia consiste nel focalizzarsi sull’aspetto tecnico-tattico, presupposto indispensabile per aumentare l’autostima. Inoltre, è importante lavorare sulla gestione delle emozioni, in particolare sulla vergogna che si può provare dopo una “brutta figura” e che può causare stress, che incide negativamente sulle prestazioni. Oltre a cercare di comunicare in modo più efficace, è fondamentale accettare il rischio di insuccesso.

ESSERE LEADER—  È dunque lavorando sia sulle hard skills (cioè le capacità tecnico-tattiche) sia soprattutto sulle soft skills (le “abilità” psicologiche e relazionali) che si supera la timidezza e ci si può porre come leader. La leadership può essere esercitata anche da persone introverse e che parlano poco, ma che sanno comunicare con i compagni con un semplice sguardo o con l’atteggiamento che mostrano in partita e in allenamento. Va inoltre tenuto presente che anche chi è considerato “gregario” non è esente da leadership. Per esempio, può rappresentare un punto di riferimento per i suoi compagni. “Si può essere leader in modi differenti. C’è chi lo è sotto l’aspetto tecnico e chi lo è sotto quello emotivo, ma anche chi lo diventa mettendosi al servizio della squadra, per esempio preoccupandosi del benessere dei compagni” conclude il dottor Bargnani.


 

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