L'83% delle giovanissime italiane, interrogate sulle cause dei comportamenti violenti sulle donne, ritiene che il motivo principale sia rappresentato dal contesto culturale in cui vivono quotidianamente. L'osservatorio sulla Generazione Z Webboh Lab ha proposto un proposto un instant survey, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, a cui hanno risposto 8.000 ragazze di età compresa tra i 12 e i 20 anni. Il 71% delle teenager di oggi, che saranno le adulte di domani, imputa alla cultura della dominanza dell'uomo e alla mentalità sessista la causa di violenza sulle donne.
Da cosa deriva la violenza? Secondo le giovani interpellate, la causa di natura "comportamentale" è del tutto marginale: la violenza, per loro, non deriva da stati di stress o da problemi psicologici, ma da una società che ha normalizzato per troppo tempo la posizione e il potere sociale degli uomini, le aspettative di ruolo, gli atteggiamenti di esaltazione della forza, senza alcuna autocritica, ricercando la causa nel “mostro”, per deresponsabilizzarsi.
I cinque profili di uomo violento Dalla ricerca emerge che, nella percezione delle ragazze, esistono almeno cinque profili di uomo violento:
1. I Self absolver (43%), ovvero coloro che hanno continue giustificazioni per comportamenti violenti, riflettendo una cultura che li perpetua;
2. I Medievali (19%), che hanno un legame con i ruoli di genere radicati e le dinamiche familiari;
3. Gli Amplifiers of violence (17%), che vivono l'aggressività come eco delle cattive notizie dei media sulla violenza del mondo che li circonda e l’impatto sulla società;
4. Gli Underpressured (12%), rappresentati da coloro che lottano contro lo stress personale e la pressione familiare;
5. I Deresponsabilizzati (9%), che imputano agli squilibri di potere e dei ruoli di genere la causa della loro violenza.
Le soluzioni proposte dagli esperti L'individuazione di complessi e differenti profili di uomini violenti porta alla consapevolezza della necessità di misure molteplici che vadano ad agire sui diversi piani. Dalle interviste emerge che le soluzioni proposte dai diversi esperti - dall’educazione affettiva al percorso psicologico, dalle attività di sensibilizzazione fino all’adozione di misure più restrittive in presenza dei primi segnali di aggressività - debbano essere applicate in modo mirato rispetto a ogni profilo comportamentale e rispetto al singolo soggetto.