di Elisa Chiriano' (fonte Catanzaro Informa)
Lorenzo Marone torna in libreria con un romanzo intenso e verace, che conquista sin dall’incipit. L’ambientazione, la caratterizzazione dei personaggi, l’intreccio, l’alternarsi di vicende tra micro e macro-storia, la promessa di un amore eterno, la guerra, i campi di concentramento e di sterminio, la dignità e la libertà negata, i combattimenti di boxe, i legami indissolubili, l’amicizia, l’umanità e la disumanità…tutto contribuisce a rendere potente un percorso che va oltre la superficie delle cose. Scrivere è nutrire sogni e spalancare nostalgie; è manutenzione, cura continua della parola; è andare oltre i limiti del tempo e dello spazio, tra memoria e attesa, dando forma ai sogni e alla realtà. La scrittura di Lorenzo Marone nasce dal vissuto, dallo sguardo sul mondo di un osservatore in cammino con “le antenne sempre diritte”, sempre pronto a captare quello che accade intorno, per assorbire esperienze, sensazioni e vite che pulsano.
Dopo il pluripremiato romanzo di esordio, La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015), tradotto in quindici lingue e da cui nel 2017 è stato liberamente tratto il film La tenerezza (di Gianni Amelio), e dopo aver dato la voce a personaggi memorabili nei romanzi successivi, Lorenzo Marone ci consegna il suo undicesimo libro. Cuce insieme vicende e volti con uno stile fluido e schietto, privo di orpelli e artifici letterari. Bastano poche righe per farsi catturare dalla penna limpida e autentica di un autore che attinge a storie vere e sa insinuarsi nelle pieghe e nelle piaghe dell’esistenza, tenendo sempre desta la luce dell’attesa. Tra le voci più amate della narrativa italiana contemporanea, Marone guida il lettore in un viaggio in cui la destinazione è il percorso stesso. La narrazione, chiara e fluida, non si rassegna a semplificazioni, perché è generativa del desiderio, dell’andare oltre la pagina, scoprendo e catturando nei vissuti aspetti significativi. Se, come scriveva Hannah Arendt, “nessuna vita è così inutile da non dover essere raccontata”, scrivere diventa una necessità per lottare contro l’oblio, riacciuffando il peso degli accadimenti, oltre la coltre della dimenticanza.
Sono tornato per te (Giulio Einaudi Editore, ottobre 2023) è la storia di un amore genuino e sincero, come la terra in cui i due giovani, Cono e Serenella, abitano, ma il mondo è un luogo ingiusto e non si può lottare da soli contro tutti. Il romanzo, come un dittico, consegna due quadri d’autore. Il contrasto tra la prima e la seconda parte è accentuato dal forte dualismo che contrappone la forza del sentimento profondo di due giovani del Sud, cresciuti nella zona del Vallo di Diano, tra Campania e Basilicata, con gli orrori della Seconda guerra mondiale. Cono Trezza, detto Galletta, è un contadino “ruspante”, è un ragazzo autentico e impertinente, che difende la propria vita facendo a pugni per tornare dalla donna che lo aspetta. Serenella Pinto è figlia di un artigiano di idee socialiste. Si sono conosciuti, innamorati e desiderano sposarsi. Ma sono gli anni Trenta del secolo scorso e a mettersi tra loro ci sono i fascisti e soprattutto c’è Romano, l’arrogante figlio del podestà. Cono si ribella, compiendo un gesto che la sua famiglia pagherà a caro prezzo. Poi la partenza per il servizio militare e, dopo l’8 settembre 1943, la deportazione in Germania. A tenerlo in vita, saranno la speranza di rivedere Serenella, l’aiuto di un compagno di prigionia dal cuore grande e la sua abilità nel tirare di boxe.
“Sono tornato per te” è una storia di coraggio (in cui agisce il cuore) di chi è sprofondato nell’inferno e ne è uscito aggrappandosi al ricordo (portato nel cuore) di un posto sicuro.
“Era dicembre quando avevano caricato Cono su un treno insieme con altri mille disperati. i(..) Col pensiero, per salvarsi, era corso subito in un posto sicuro, ché quello non glielo poteva togliere nessuno, dalla sua Serenella.” (p.135)
*echiriano@gmail.com