a cura di Elisa Giovene (fonte Catanzaro Informa)
Ieri mattina l’Associazione Jonathan di Catanzaro ha aperto le porte della propria sede, sul Lungomare di Giovino, per un particolare momento culturale che ha visto arte pittorica e libri in primo piano. Un attento e interessato pubblico ha così potuto ammirare la personale della pittrice catanzarese Maria Paola Quattrone (nonché presidentessa del sodalizio) che da circa un anno ha ripreso a dipingere, una passione che deriva dai suoi studi e che in realtà non ha mai abbandonato. “Punto e virgola” il titolo della mostra, volendo quasi collegare il proprio vissuto con l’uso quotidiano della punteggiatura.
Ed è dal quotidiano che trae spunto per la pittura dove si ritrovano volti di persone conosciute, ma anche quelli familiari o, ancora, paesaggi, riferiti soprattutto alle marine. Opere che nascono dall’uso della semplice matita, ma anche dai particolari colori ad olio su tela. L’artista, attualmente grafico creativo, ha dei trascorsi considerevoli essendo stata titolare della Galleria d’Arte AR&S Arte & Società di Catanzaro (1999/2003) e organizzando eventi di spessore (Inaugurazione Complesso Monumentale del San Giovanni, inaugurazione del Teatro Politeama di Catanzaro, nonché la mostra su Marcel Duchamp nella medesima Galleria sita in Vico dell’Onda). Dal 2017 è presidente Provinciale per Catanzaro della F.A.C.It. (Federazione Associazioni Cattoliche Italiane) da cui, per l’appunto, nasce l’Associazione Jonathan per la quale organizza un variegato programma culturale. Ed è proprio in questo programma che si inserisce il richiamo alla scrittura dato da Anna Talarico con la presentazione del suo libro “A putica da cicalise” (Youcanprint editore), introdotta al pubblico presente da Cesare Nisticò, esperto di associazionismo e facente parte del sodalizio. La scrittrice, originaria di Cicala piccolo borgo dell’entroterra calabrese, ha voluto rinnovare, con il racconto di cui è protagonista la sua famiglia, quel particolare mondo delle “putiche” catanzaresi. La Talarico già amante della scrittura in generale e della poesia (partecipando anche ad eventi letterari), ha dedicato diverso tempo alla stesura del libro con l’intento di unire tutti i suoi ricordi nell’ambito del vissuto familiare, della “putica” che gestirono e delle varie epoche che segnarono questi trascorsi. Ed è dal titolo che parte l’incipit, infatti la “cicalise” è riferito alla madre Giuseppina, così denominata in riferimento al luogo di provenienza (Cicala). La storia, come accennato, abbraccia un trentennio (dagli anni’60 ai ’90), ma nel particolare si sviluppa in uno dei tanti vicoli del capoluogo, Vico I Piazza Roma, luogo dove diverse e rinomate putiche si avvicendarono (si ricorderanno alcune osterie come quelle di Pepé ‘u Russu, Pocusangu e la famiglia Poerio) preparando, fra succulenti pietanze, il piatto per eccellenza catanzarese, “’u morzeddhu” (recentemente l’Associazione “Antica Congrega Tre Colli” di Catanzaro ha posto nella via una targa con la denominazione “Ruga d’o morzeddhu”).
Il racconto racchiude quella vita “popolana” che tanto ha fatto parte del vissuto catanzarese, in cui evolvono tradizioni e storia, ma, soprattutto, l’amore nel portare avanti il proprio lavoro trasmesso conseguentemente ai figli. Un lavoro che vide l’operosità della signora Giuseppina che fu dell’osteria la parte predominante, preparando semplici pietanze ma con un elemento principe: la genuinità. Non poteva mancare il tradizionale “morzello” che sobbolliva su di un grande fornello davanti l’uscio della bottega per tenerlo al caldo, ma altri piatti venivano preparati come il soffritto, i fagioli provenienti dal paese o il classico brodo. La signora Giuseppina tanto altro aggiungeva alla sua prelibata cucina, come ad esempio il pane, i sottaceti, le frittole e la gelatina di maiale, motivo per cui la sua osteria era sempre gremita in diverse ore del giorno, alle ore 10.00 la manovalanza aveva l’abitudine di rifocillarsi con una sostanziosa colazione, ma non si escludevano gli avventori provenienti dai paesi che verso mezzogiorno vi si recavano per gustare il morzello con un buon bicchiere di vino e la classe impiegatizia che nella pausa del pranzo usava gustare le varie stuzzicherie. Questi, alcuni dei ricordi, ma la scrittrice fa un racconto autobiografico, con fatti realmente accaduti nel contesto dell’epoca in un variegato quadro socio/politico. In questa bella storia racconta dei suoi fratelli, quelli che si dedicarono maggiormente alla “putica” (i più piccoli proseguirono gli studi), traccia le diverse generazioni, la vita al paese e quella susseguente in città, i personaggi “eccentrici” incontrati, quelli poco raccomandabili, sempre pronti alla “rissa” (per tale motivo definiti “a scuma e Piazza Roma”) e tanto altro ancora sino alle conclusioni che vedono la putica della Cicalise cambiare “volto”.
Un libro, dunque, che rappresenta la storia della città di Catanzaro, le sue trasformazioni urbane sino a quelle attuali (visibili nelle foto a cura di Antonella Gentile) e soprattutto la storia di Anna, che si ritrova quasi bambina rinnovando i ricordi di quanto vissuto, come asserisce la stessa autrice: “Il mio intento – dice infatti – è stato innanzitutto voler ricordare mia madre, la “Cicalise”, raccontare poi della mia famiglia nei ricordi di bambina, una famiglia numerosa dove non era neanche facile esprimersi. Tuttavia in questa storia familiare si riconoscono le tradizioni vere, la storia dei luoghi dove si è vissuti e perché no anche quella dei valori che possono essere trasmessi alle nuove generazioni”. Con l’arte e la tradizione popolare sono state rinnovate due grandi passioni catanzaresi, occasione che l’Associazione Jonathan intende riprodurre con altri interessanti appuntamenti.