di Roberto de Filippis (fonte Gazzetta dello Sport)
Per ottimizzare le proprie prestazioni, da quelle fisiche a quelle mentali, si può fare affidamento al biohacking, che può essere definito come l’arte e la scienza della gestione della propria biologia. Questa metodologia si basa su un approccio multidisciplinare che ha solide fondamenta scientifiche e che prevede, laddove utile, anche il ricorso a dispositivi tecnologici molto avanzati. Nel biohacking si utilizzano dunque tutti gli strumenti, i metodi e le strategie possibili per ottenere il massimo dal proprio corpo e dalla propria mente.
BIOHACKING: GLI OBIETTIVI— Il biohacking sfrutta tutte le possibili leve a disposizione della persona, a partire dalla nutrizione, senza dimenticare neppure l’ambiente, che può essere “hackerato” modificando l’aria che si respira, la luce e la temperatura. Sotto l’aspetto alimentare, il biohacking cura soprattutto il metabolismo flessibile: si mangia in base all’occorrenza per favorire un metabolismo capace di ottenere il massimo da qualsiasi tipo di dieta. Si fa, inoltre, ricorso a integratori specifici, da scegliere a seconda della persona e delle condizioni in cui si trova in quel momento, e a tecniche di allenamento costruite su misura in base a sesso, età, professione, abitudini ed esigenze specifiche. “L’ottimizzazione delle capacità fisiche avviene attraverso la massima customizzazione possibile attorno all’individuo. Non a caso, chi si cimenta con il biohacking impara anche ad auto-misurarsi in modo oggettivo per costruire il proprio ‘kit di hackeraggio e alterazioni’ utile a ottenere il massimo” spiega Stefano Santori, biohacker, coach e formatore. Il concetto di dieta nel biohacking è dunque molto diverso da quello comune.
SFRUTTARE AL MASSIMO LE POTENZIALITÀ — Oltre alle prestazioni fisiche, il biohacking è un prezioso alleato per migliorare le prestazioni cognitive. Anche in quest’ambito, i principi per rendere al massimo delle proprie potenzialità sono gli stessi. “Il biohacking è in netta contrapposizione a metodiche anche con lunghe tradizioni alle spalle che tendono a essere verticali. Per esempio, chi pratica yoga è portato a sposare un determinato stile di vita e lo stesso vale anche per chi si cimenta nella mindfulness oppure nell’autoipnosi. Invece, il biohacking, quando è applicato al lavoro mentale, parte dal presupposto di non abbracciare necessariamente una sola sovrastruttura di credenze, anche spirituali, cercando invece di trarre il meglio da tutte” sottolinea Santori. Per sfruttare al massimo le potenzialità della mente si può far ricorso, tramite dispositivi specifici, al neuro-feedback, che permette di regolare le proprie onde cerebrali, e ad altre tecniche specifiche. Una nutrizione studiata ad hoc ha effetti positivi anche sulle performance mentali. Per esempio, si può far ricorso al digiuno intermittente per aumentare la lucidità oppure a integratori nootropi, che migliorano le capacità cognitive.
UTILE SOPRATTUTTO AGLI SPORTIVI — Tra le categorie di persone che maggiormente possono beneficiare del biohacking ci sono senza dubbio gli sportivi, come testimonia il caso dell’attaccante norvegese del Manchester City Erling Haaland. Gli atleti possono sfruttare gli effetti positivi del biohacking per potenziare la propria condizione sotto l’aspetto fisico e mentale. Grazie a esso, si alza il livello delle prestazioni e parallelamente aumentano le possibilità di successo. “Rispetto alle persone comuni, gli sportivi possono trarre ulteriori vantaggi con la metodologia dei cosiddetti ‘marginal gains’, che consiste nel lavorare su quei piccoli vantaggi che, soprattutto ad alti livelli, rappresentano una discriminante fondamentale tra la vittoria e la sconfitta” conclude Santori.