sabato 25 novembre 2023

RISOLTO MISTERO ALCHEMICO

RISALIVA A PIU' DI 400 ANNO FA

a cura di Caterina Damiano (fonte Libero)

Parlare di alchimia e alchimisti, al giorno d’oggi, può fare un po’ sorridere. Si tende immediatamente a pensare a personaggi che armeggiano con pozioni e intrugli allo scopo di trasmutare i metalli in oro (o ad alcune classi di specifiche serie di videogiochi come Final Fantasy). Ciò che però perdiamo di vista, aggrappandoci a questo immaginario esoterico, è che in realtà spesso gli alchimisti erano attentissimi studiosi, che analizzavano una moltitudine di fenomeni chimici e si ponevano molti, moltissimi quesiti.

E, attenzione, uno di questi quesiti ha trovato risposta proprio di recente: un team di scienziati dell’Università di Bristol, infatti, ha ufficialmente risolto un mistero alchemico che per ben 400 anni è sembrato inesplicabile.

L’oro fulminante e il suo mistero

Il mistero di cui stiamo parlando riguarda uno dei primi esplosivi mai scoperti, ovvero l’oro fulminante. La sua storia è in effetti legata alla fitta serie di ricerche alchemiche che avevano come obiettivo finale la creazione della leggendaria crisopea (meglio nota come pietra filosofale): furono proprio queste ricerche, infatti che nel 1500 condussero alla scoperta degli esplosivi ad alto potenziale. L’oro fulminante era, appunto, uno di questi. La sua sintesi fu descritta per la prima volta dall’alchimista Sebalt Schwärtzer nel suo libro del 1585, Chrysopoeia Schwaertzeriana, e a seguire altri scienziati (come Robert Hooke e Antoine Lavoisier nel XVII e XVIII secolo) migliorarono la “ricetta”, che prevedeva l’uso di diversi elementi, tra cui l’oro e l’ammoniaca. Fin qui potrebbe sembrare tutto abbastanza normale, ma ecco la stranezza: da Schwärtzer in poi tutti gli alchimisti notarono che nell’esplodere l’oro fulminante emetteva uno stranissimo, insolito e inspiegabile fumo viola.

Lo strano fumo viola

Lo strano colore emesso dal fumo che seguiva la detonazione dell’oro fulminante è stato a lungo oggetto di ipotesi e congetture d’ogni tipo. I più mistici fra gli alchimisti davano a quel viola così intenso interpretazioni magiche, sottolineando che essendo in effetti il viola un colore spesso legato alla spiritualità, la spiegazione più “semplice” fosse la dimostrazione soprannaturale di un’evoluzione, di una transizione in corso. Gli alchimisti che invece si ancoravano saldamente alle proprie conoscenze di chimica, fisica e farmacia davano altre spiegazioni (decisamente più credibili): non avevano gli strumenti necessari a dimostrarlo ma, raccogliendo prove circostanziali, sostenevano che quel fumo potesse essere il risultato di nanoparticelle d’oro che vengono “sputate” via al momento dell’esplosione.

Lo studio e la soluzione dell’enigma

In effetti, questa fazione di alchimisti più razionale e decisamente meno contemplativa aveva ragione, come hanno dimostrato Simon Hall, professore di chimica all’Università di Bristol e Jan Maurycy Uszko, suo dottorando. I due sono partiti da uno studio svolto nel XVII secolo dallo studioso Johann Rudolf Glauber, che scrisse che il fumo dell’oro fulminante veniva talvolta utilizzato per placcare in oro gli oggetti. Questo uso ha suggerito ad Hall e Uszko che le nanoparticelle d’oro potessero essere in effetti presenti nel fumo in misura significativa. Così i due scienziati, insieme ad altri esperti, hanno sintetizzato dei campioni di oro fulminante con l’obiettivo di verificare se le nanoparticelle potessero proprio giustificare lo strano colore viola. La risposta, com’è possibile leggere nello studio pubblicato su ArXiv è stata un deciso sì. Rispetto agli alchimisti, Hall e Uszko avevano a disposizione un microscopio elettronico a trasmissione. Proprio questo strumento ha permesso ai ricercatori di identificare e scattare immagini di grappoli di nanoparticelle d’oro che deflagrandosi e liberandosi assumerebbero proprio questa cromìa. Ci sono voluti solo 400 anni, dunque, ma occorre riconoscerlo: gli alchimisti avevano ragione. E il fumo viola, oggi, non è più un mistero.


 

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