venerdì 3 novembre 2023

DUE DISCHI PER RACCONTARE LA LIBERTA' E LA CONVIVENZA

JULIO RESENDE FADO JAZZ

In questi giorni di guerra voglio porre alla vostra attenzione due lavori che possono aiutare a riflettere quanto stiamo vivendo. Si tratta di due dischi usciti in questi ultimi giorni. Il primo è di Júlio Resende, pianista portoghese, che dedica un intero disco Sons of Revolution, alla liberazione del Portogallo dalla dittatura (nell’aprile del prossimo anno si celebreranno i 50 anni dalla Rivoluzione dei Garofani che portò il paese nella democrazia). Il secondo, addirittura nella duplice veste di disco e colonna sonora, è firmato da Robbie Robertson, nella sua ennesima  collaborazione con Martin Scorsese In Killers of the Flower Moon. Robertson se n’è andato nemmeno due mesi fa e il ricordarlo, lui storico componente dei The Band, gruppo legato indissolubilmente a Bob Dylan, è un omaggio doveroso. Entrambi i lavori parlano di diritti violati, di prepotenza ma anche di speranza. È il Still Standing cantato da Robertson, il ritrovarsi ancora in piedi, vivi, per testimoniare le atrocità dell’uomo. Siamo ancora qui nel 2023 a convivere con gli orrori tutti i giorni. Ci stiamo abituando, li vediamo sui social, confusi in una disinformazione visiva che tende a raccontare narrazioni diverse (c’è un bel pezzo sul New York Times di ieri a proposito di fake news che vi consiglio di leggere). Il mondo può essere migliore di questo? L’uomo può essere migliore di quello che è? Questi due dischi non pretendono di avere verità ma indicano una via, che è il rispetto, la libertà, il diritto di esistere per tutti uguale… 

Figli della rivoluzione. Gran bel titolo per un disco (uscito per la tedesca ACT Music) che vuole librarsi nell’aria in piena libertà espressiva, senza condizionamenti, tra jazz e fado. Un disco dedicato alla Rivoluzione dei Garofani che il 25 aprile 1974 diede al Portogallo la libertà dalla più longeva dittatura d’Europa, iniziata nel 1933. Con la caduta del regime trovarono l’indipendenza anche gli stati africani colonizzati da Salazar. Il prossimo anno si festeggerà il mezzo secolo della conquistata democrazia e questo disco vuol essere una testimonianza della storia. In 11 brani Júlio al pianoforte, André Rosinha al basso, Alexandre Frazão alla batteria e Bruno Chaveiro alla chitarra portoghese danno vita a una azione civile e artistica raccontando in musica quei momenti. Resende non è nuovo a queste contaminazioni. Figlio di un angolano arrivato in Portogallo dalle allora colonie e di una musicista portoghese racchiude le tradizioni di entrambi i Paesi. È conosciuto come l’inventore del fado jazz, nuovo genere che parte dalla tradizione lusitana più intima per fondersi con un jazz minimalista, gentile, mai prevaricante. A guardar bene, il fado, come il flamenco o lo Choro brasiliano sono generi nati tutti nell’Ottocento che appartengono alla grande famiglia della musica popolare, crasi di altri generi, dunque fondamentalmente jazz, inteso come musica nata dal basso, non erudita, popolare. L’uso della chitarra portoghese, un cordofono che assomiglia a un liuto, unita al classico trio jazz, pianoforte, contrabbasso e batteria, crea quel trait d’union che sta alla base delle composizioni di Resende. Dunque, allegria e voglia di danzare in Portugal Celebrates with Red Flowers, il legame africano  raccontato in Mr. Fado goes to Africa for the First Time, la saudade di Mano a Mano – Now We Are Brothers, l’omaggio a un grande pianista jazz morto nell’aprile scorso, Fado Poinciana for Ahmad Jamal, brano fantastico! Un disco che parla di felicità e nostalgia, ma soprattutto di libertà.  

Quello tra Robbie Robertson e Martin Scorsese è stato uno dei connubi più felici tra cinema e musica nella cinematografia americana. Non solo, ma anche una profonda amicizia durata fino alla morte di Robertson avvenuta il 9 agosto di quest’anno, a 80 anni. Killers of the Flower Moon (uscito via Sony Music Masterworks) è stato l’ultimo lavoro del cantante e chitarrista canadese con il regista italo americano. Scorsese festeggerà gli 80 il 17 novembre. Due amici della stessa età che hanno condiviso una lunga parte della loro vita professionale, a partire da quel The Last Waltz, film-concerto del 1978, girato per celebrare l’ultimo “live” dei The Band tenutosi alla Winterland Arena di San Francisco il 25 novembre 1976, per continuare con Toro Scatenato, Gangs of New York, The Wolf of Wall Street, The Irishmane… Robertson in questa sua ultima composizione ha “giocato in casa”. Figlio di una indiana di discendenza Mohawk e Cayuga, cresciuto nella Riserva delle Sei Nazioni vicino a Toronto, ha assorbito la cultura nativa e soprattutto la musica. Il primo brano The Sacred Pipe, recitato dallo stesso chitarrista, è di una forza emotiva potente. Come l’ultimo della colonna sonora firmato dal musicista, Still Standing (ne seguono altri sei di autori vari): un pianoforte insistente dove il musicista racconta la condizione dei popoli nativi che si può riassumere in “ci avete massacrati ma siamo ancora qui a raccontarlo”. Ed è davvero da brividi: 

Sono qui per una ragione

La storia deve essere raccontata

Vive dentro una tradizione

Nel profondo dell’anima

Ora, non posso cambiare il passato

È scritto con il sangue

Sulle tracce delle lacrime

Dove le lacrime sono diventate un’alluvione, sì

Ma sono ancora in piedi

sono ancora in piedi

sono ancora in piedi

Sotto il sole

 

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