(tratto da Tgcom)
Invincible Summer è il titolo e il brano di apertura di un disco autoprodotto uscito nel maggio scorso. Chi lo ha pensato, scritto, cantato e suonato è un artista di Codogno, Milo Scaglioni. Un passato da musicista a Manchester e, nel 2009, il ritorno in Italia: «Me ne andai a 19 anni per allontanare i miei mostri in una provincia che mi stava soffocando. In Gran Bretagna sono rimasto per dieci anni, ma poi sono tornato perché perché avevo capito che i mostri erano partiti assieme a me», mi racconta davanti a una birra. Invincible Summer è il suo secondo lavoro – il primo A Simple Present uscito nel 2016 ha avuto buone recensioni nel Regno Unito e anche in certi circuiti italiani. Il nuovo album è un disco ricco di riferimenti. C’è su tutti il prog, inteso come ricerca di una nuova veste armonica a una musica non banale, quindi echi anni Sessanta e Settanta alla Velvet Underground, ma anche ballad, come Schetches in the sand, che ricorda le atmosfere del grande Paul Weller, o pezzi, ascoltate It’s Not Over, che risvegliano memorie alla Kasabian. E poi c’è l’amore per la psichedelia anni Settanta che si gusta nel brano The Sound of One Hand Clapping.
Nel complesso, dunque, un bel lavoro che porta ancora le vene malinconiche di A Simple Present, ma che trova nuovi spunti grazie anche alla stretta collaborazione con il produttore e polistrumentista Angelo Di Mino (che suona piano, tastiere e archi). Non solo. Nel disco ci sono anche un paio di camei degni di nota, come il flauto suonato da Enrico Gabrielli in Locked in a circle e il sassofono in Electric Shush e Shaking e la voce nel coro di Roberto Dell’Era, sempre in Locked in a Circle e in It’s not over. Gli altri musicisti che hanno accompagnato Milo in quest’avventura sono Roberto Dragonetti al basso, Antonio Leta alla batteria e alle percussioni e Valerio Mina al basso in It’s not over. Quell’estate indomabile che dà il titolo all’album e che il musicista ha preso in prestito da una poesia di Camus ha portato bene. L’estate 2023 di Milo, infatti, è stata davvero Invincible, visto che è partito in tournée con i Baustelle come bassista, rinforzando la sua passione per questo mestiere così incredibilmente bello ma altrettanto irto d’ostacoli. L’Estate invincibile della poesia di Camus è la presa d’atto di una speranza che può lenire i tormenti. Se per Albert Camus era sopravvivere agli anni della guerra con il sorriso, l’amore, la tranquillità, per Milo è stato il riuscire a fare finalmente pace con i suoi “mostri” attraverso il setaccio della musica.
Milo, una gran bella esperienza suonare con una band come i Baustelle!
«Davvero! Sia dal lato umano sia dal punto di vista musicale. Abbiamo avuto ottime recensioni dal pubblico, dai fan più severi della band che hanno apprezzato la nuova formazione. Per me è stata una crescita professionale e musicale. Ora siamo in pausa con l’idea di lavorare a nuove canzoni. Speriamo che tutto questo continui».
Hai iniziato a suonare da ragazzino il basso?
«Non vengo da una famiglia musicale. Io giocavo a calcio nel Codogno. Iniziai a interessarmi quando mio fratello si comprò un basso dal macellaio del paese che era un fan di Greg Lake. Iniziai a suonarlo e mi sono appassionato».
Ti ha fatto bene andartene a Manchester?
«È stata un’esperienza. Manchester è una città socialista per via della grande industrializzazione. La via di fuga per i ragazzi che non volevano andare in fabbrica a lavorare erano il calcio o la musica. Lo stesso era per il paese da dove provengo, diventato famoso in tutta Italia per via del paziente numero zero a inizio pandemia. Sono scappato da Codogno per cercare di allontanarmi da un posto che mi stava soffocando… poi ho capito che dovevo lavorare su me stesso, che i mostri erano dentro di me. Sono ormai 14 anni che sono ritornato in Italia. Da allora vivo a Milano, suono e insegno inglese».
Perché hai deciso di mettere un gallo in copertina? È anche un gallo un po’ strano…
«(Ride!) Quel gallo è un’insegna in vetro di una ex polleria che stava a Corvetto. È enorme, 2,20 metri d’altezza. Quel locale è stato il set di un noir girato da un mio amico regista di origine singalese ma anche il luogo dove con lui ho girato il video di Locked in a Circle. Quell’enorme gallo mi piaceva troppo, così l’ho comprato (ora è rimasto nella casa dove vivevo con la mia ex compagna). Ho deciso di farne la cover perché il gallo è un animale invincibile».
Come sono nate le canzoni?
«All’inizio non sapevo quello che volevo, poi come per tutti i brani, il procedimento s’è sviluppato nel mio subconscio. Posso definirlo un disco altamente preveggente. Scusa lo scioglilingua, ma la tua parte cosciente non è cosciente della tua parte incosciente che vive di vita propria. Ti rendi conto che quello che hai pensato in realtà lo avevi già dentro…».
Tradotto sono le famose decisioni di pancia!
«Sì, se uno si ascolta e media tra i “due cervelli”, fa la cosa giusta!».
Dopo i Baustelle che farai?
«Con loro, come ti dicevo, s’è instaurato un buon rapporto e se tutto va bene dovrei continuare. Sto anche scrivendo nuovi pezzi, ti confesso che mi piacerebbe frequentare il mondo delle Arti anche al di fuori della musica. Sto pensando alla sonorizzazione di opere d’arte. E poi, spero di continuare a suonare il basso che è il mio primo vero amore!».