di Roberto De Filippis (fonte Gazzetta dello sport)
Il cosiddetto “gozzo”, ossia un ingrossamento alla base del collo, altro non è che l’aumento del volume della tiroide, che può essere causato anche dallo sviluppo di noduli. Queste formazioni sono spesso benigne, ma non vanno trascurate perché, seppur in una percentuale inferiore al 10%, sono la spia di un tumore a questa ghiandola. Se poi sono molto grandi possono provocare difficoltà a respirare e a deglutire.
LE CLASSIFICAZIONI DEI NODULI— La tiroide produce gli ormoni T3 e T4, che regolano molteplici funzioni del corpo, dal metabolismo basale all’attività cardiaca. Le sue condizioni vanno monitorate soprattutto in periodi della vita contraddistinti da notevoli cambiamenti ormonali, come la gravidanza e la menopausa. A causare l’ingrossamento di tale ghiandola possono essere noduli che si sviluppano nel suo contesto, le cui dimensioni variano da pochi millimetri fin oltre i 5 centimetri. Tali noduli possono essere solidi, liquidi o misti, cioè con componenti sia solide sia liquide. “Altra importante distinzione è quella fra noduli funzionanti e non funzionanti: solo i primi producono gli ormoni T3 e T4, rendendo così eccessiva la quantità di tali sostanze a disposizione dell’organismo” precisa la professoressa Sabrina Corbetta, associato di Endocrinologia del Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche dell’Università degli Studi di Milano. Ciò può dar luogo a ipertiroidismo, che può causare cali di peso, alterazioni del battito cardiaco e del ciclo mestruale, ansia e problemi di sonno. La maggior parte dei noduli tiroidei è però non funzionante.
LE CAUSE DEI NODULI ALLA TIROIDE— Se di grandi dimensioni, i noduli alla tiroide possono schiacciare esofago e trachea, complicando sia la respirazione sia la deglutizione. A causarne la comparsa è spesso la carenza di iodio, che si assume tramite cibo e acqua. “Diversamente da quanto molti credono, l’organismo non è in grado di usare quello che evapora dal mare” prosegue la professoressa Corbetta. Non ci sono alimenti che ne sono significativamente più ricchi. In ottica preventiva, è buona abitudine utilizzare il sale iodato; se però il nodulo è già formato introdurre questa supplementazione può essere controproducente. Altre possibili cause della formazione di noduli sono malattie a carico di questa ghiandola, come la tiroidite di Hashimoto, l’uso di certi farmaci (come il litio carbonato) e le radiazioni ionizzanti con cui ci si cura per guarire da tumori che hanno sede nel collo. È importante ricordare che un nodulo può essere anche la proliferazione di un tumore alla tiroide, che rappresenta comunque il terzo tumore più frequente nel sesso femminile.
LE CURE— È attraverso un’ecografia che si ha la conferma della presenza di un nodulo alla tiroide. Per valutarne poi la natura è necessario prelevarne un campione di cellule con ago aspirato, da analizzare in laboratorio. Anche se è molto raro che un nodulo benigno diventi maligno, lo si deve comunque monitorare per evitare che cresca troppo. L’asportazione chirurgica dell’intera ghiandola è necessaria se il nodulo è maligno e se le dimensioni del gozzo multinodulare sono notevoli e causano la compressione dell’esofago e/o della trachea. “La termoablazione, procedura che consiste nell’inserimento di un ago che produce calore e capace di ridurre il volume del nodulo anche di più del 50%, è una valida soluzione poco invasiva per noduli di grandi dimensioni” spiega la professoressa Corbetta. In alternativa all’asportazione della tiroide, in presenza di nodulo funzionante con associato ipertiroidismo, che di solito misura oltre 2 centimetri, si può ricorrere alla terapia radiometabolica. Questa cura consiste nel somministrare iodio radioattivo, che si accumula nelle cellule di tale ghiandola che funzionano troppo, provocandone la distruzione. Così, non solo si riducono le dimensioni della tiroide, ma si fa anche diminuire la produzione, prima eccessiva, di ormoni T3 e T4.