mercoledì 14 giugno 2023

DISCOPATIA

SINTOMI, COME SI RICONOSCE E COME SI AFFRONTA

di Federico Mereta

Avete presente il tacco elastico di una scarpa per il cammino? O magari riuscite ad intravvedere le sospensioni di un’auto? Ebbene, sappiate che anche nel corpo umano ci sono strutture che hanno una funzione simili e permettono di assorbire bene eventuali sforzi. Tra queste ci sono i dischi intervertebrali. In pratica si tratta di vere e proprie difese anatomiche che tengono ben separate le vertebre. Purtroppo, non sempre i dischi intervertebrali rimangono in perfetta salute e possono alterarsi, magari anche “uscendo” dal loro naturale contenitore per creare un’ernia, con relativi disturbi. Come si riconosce una discopatia? E cosa bisogna fare? Detto che deve essere sempre il medio a definire caso per caso l’approccio più indicato, ecco alcune indicazioni generali per capire cosa può accadere e come si manifesta questa condizione.

Come si sviluppa la spina dorsale

Avere la schiena dritta? Impossibile, anche se siamo abituati a dirlo. La spina dorsale non è una linea retta. Questo robusto e compatto sistema osseo dell’organismo ha il compito di funzionare come una molla, capace di assorbire colpi e vibrazioni ed evitare che un salto, una caduta o piuttosto un peso appoggiato sulla spalla si traduca in un insulto per la materia cerebrale. Per svolgere questa sua funzione, la spina dorsale diventa una sorta di “molla”, con una serie di curve naturalmente presenti lungo il suo decorso. Vista lateralmente somiglia ad una doppia S. Sotto il cranio piega leggermente in avanti, poi si sposta indietro all’altezza della spalla per tornare di nuovo verso l’avanti più o meno in corrispondenza dello stomaco. Più in basso si piega di nuovo all’indietro chiude l’ultima sua curva anteriore all’altezza delle ultime vertebre, le coccigee. In alcuni casi ci sono curve che diventano patologiche, come nel caso della scoliosi, legata ad un’eccessiva curvatura laterale rispetto all’asse verticale del corpo. A formare la colonna provvedono le vertebre. Sette si trovano nella zona del collo, e formano il tratto cervicale. Dodici sono invece le vertebre toraciche, e cinque quelle lombari. Infine l’osso sacro e il coccige, una sorta di “coda” dell’essere umano, sono formati dalle ultime nove vertebre. Questo complesso sistema osseo viene mantenuto stabile nella sua posizione naturale e si può muovere grazie ad un sistema estremamente complesso di muscoli, legamenti e tendini. Le vertebre sono “costruite” naturalmente per rispondere alle necessità dell’organismo. Sono attraversate dal midollo spinale, una specie di prolungamento del sistema nervoso centrale, da cui si dipartono i nervi periferici e che riceve i segnali nervosi in arrivo dalla periferia del corpo. E quindi hanno un grande “foro” al centro. Da ogni vertebra si dipartono degli “uncini, che si chiamano processi uncinati. Su di essi si connettono i muscoli che permettono ai gruppi di vertebre di piegarsi in avanti e di ruotare, seppur solo parzialmente.

Disco intervertebrale e discopatia, che legame c’è?

Anche se siamo abituati a ragionare soprattutto considerando le vertebre, va detto che non sono solo queste strutture ossee a determinare il benessere della colonna. E non pensate nemmeno che tutta la lunghezza della spina dorsale sia legata alle vertebre. Tra una e l’altra di queste componenti ossee esistono infatti i dischi, che incidono per il 20 per cento circa sulla lunghezza della spina dorsale. Sono fatti di cartilagine elastica e davvero lavorano come le sospensioni dell’automobile. Grazie a queste strutture infatti si assorbono i traumi che quindi non si scaricano sulle vertebre, con possibile rischio di frattura. Ma attenzione: i dischi non sono eterni e soprattutto risentono del tempo che passa e dei traumi. Quindi può accadere che si deteriori il rivestimento del disco intervertebrale, co conseguente dolore. o addirittura si può verificare una vera e propria ernia. In questo caso la discopatia è dovuta al fatto che la parte interna del disco, di consistenza molle e gelatinosa, esce dalla sua capsula dando luogo ad un dolore “particolare” legato alla compressione delle radici spinali dei nervi o, nelle forme più gravi, al danneggiamento del nervo. Le ernie vere e proprie sono più frequenti nella mezza età e a carico della zona lombare, per l’indebolimento della capsula del disco. Con il passare degli anni, si assiste ad un processo di fibrosi della capsula protettiva del disco stesso e l’ernia può diventare meno frequente nell’anziano.

Come si riconosce e si affronta la discopatia con ernia

Diciamolo. Siamo fatti per sviluppare mal di schiena. Anche a prescindere dalla presenza di un’eventuale discopatia con relativa ernia. Il motivo? L’essere umano ha una sorta di maledizione. Quando abbiamo assunto la posizione eretta, nel corso dell’evoluzione, abbiamo messo sotto pressione la colonna vertebrale. E così il mal di schiena è diventato un fastidioso compagno di molte nostre giornate, anche per la cattiva abitudine di rimanere a lungo sul divano, di bloccarci in posizioni non proprio salutari in ufficio, di spostare pesi senza pensare al benessere. Più in generale, comunque, l’invecchiamento della popolazione ha portato ad aumentare i problemi della colonna vertebrale come lombalgie o lombosciatalgie da stenosi degenerativa che portano dolori anche alle gambe, oppure ernie del disco. Nella maggior parte dei casi, per queste patologie, viene consigliata una terapia non invasiva come farmaci antinfiammatori, riposo, busto ortopedico e opportuna rieducazione per rinforzare il tono dei muscoli lombari e addominali e migliorare il sostegno della colonna, riducendo il dolore. In genere il problema si risolve da solo anche senza assumere farmaci. Ma quando il dolore diventa cronico riducendo in maniera sensibile la qualità della vita e la fisioterapia, il controllo del peso, l’attività fisica, i farmaci non riescono più a controllare i sintomi si valuta anche l’opportunità di un intervento chirurgico.

Tipologie di discopatia per ernia

In termini generali, pur se esistono casi in cui i dolori hanno anche una componente psicologica che può giustificarli, la discopatia si lega al classico dolore di schiena meccanico e funzionale. Quando un disco è compresso può sviluppare l’ernia e quindi andare ad influire sul benessere dei nervi. L’ernia può essere “contenuta” se presenta solo un iniziale cedimento dei legamenti, “protrusa” quando, pur avendo danneggiato i legamenti, il disco non è uscito dalla sua sede. Il quadro più complesso è quello dell’ernia “espulsa”: in questo caso il disco non si trova più tra le due vertebre.

Intervento per discopatia, come funziona?

Rispetto a qualche anno fa si procede ad intervenire sempre più spesso con tecnica mininvasiva, pur se occorre sempre e comunque in diversi casi procedere con la chirurgia tradizionale.  Questo non comporta semplicemente un taglio piccolo, ma consente anche di ridurre il rischio di danneggiare i muscoli e le altre strutture che servono per la stabilità ed il movimento attivo della colonna. Per questo le discopatie degenerative della colonna vertebrale con lesioni o cedimenti strutturali possono essere trattate anche grazie ad innovative strategie che permettono di migliorare il recupero dell’assetto anatomico-funzionale della colonna vertebrale. In questo caso la tecnica consente la stabilizzazione dei segmenti vertebrali lesionati attraverso l’impianto, per via percutanea, di una barra di connessione collegata ai segmenti vertebrali tramite piccole viti, permettendo al paziente di mantenere una completa motilità della colonna. L’intervento viene eseguito attraverso incisioni minime, al massimo di 1,5 centimetri, sotto controllo radiologico da parte del chirurgo. Il vantaggio non è solo estetico ma si riducono il dolore postoperatorio e la perdita di sangue, quindi il recupero ed il ritorno alle normali attività può farsi più rapido. Attenzione però la scelta dell’intervento chirurgico va sempre fatta caso per caso e non bisogna pensare che a questo punto il bisturi, e soprattutto il mini-bisturi, sia in grado di risolvere sempre e comunque la situazione. Per questo è necessario definire con cura la diagnosi.

Cos’è la microdiscectomia lombare

Nell’ambito di interventi che prevedono un approccio sempre meno invasivo, uno spazio è riservato alla “microdiscectomia lombare” che permette di risolvere anche problemi collegati all’ernia come una stenosi del canale (cioè un restringimento dello spazio interno delle vertebre entro cui passa il midollo spinale). L’intervento si effettua in anestesia generale. Dopo aver “individuato” l’ernia con un apparecchio chiamato amplificatore di brillanza (simile a quello usato per sottoporsi ai raggi), i medici “staccano” con estrema attenzione i muscoli che circondano l’area su cui occorre operare. Poi con il microscopio, si asporta la parte di disco che è uscita dalla sua posizione naturale, cui segue anche lo svuotamento del “cuore” del disco intervertebrale, chiamato nucleo polposo. Così facendo si evita che nello stesso punto di possa creare un’altra ernia. Alla fine dell’intervento il disco è praticamente “svuotato” al suo interno. Lo svuotamento del disco avviene però solo nella sua porzione interna e non viene toccato l’anello circolare che mantiene separate le vertebre. L’operazione, oltre a non lasciare cicatrici particolarmente evidenti, permette di tornare a casa presto.

La discopatia va trattata con farmaci o con il bisturi?

Il medico specialista che segue ogni persona può, caso per caso, definire il trattamento più indicato. Ma non bisogna dimenticare che esistono diverse alternative per affrontare questi problemi. In questo senso, proponiamo comunque una riflessione scientifica che dice che alla lunga le terapie non aggressive, con la chirurgia solo come seconda opzione, hanno risultati simili a distanza di tempo in caso di discopatia con ernia. Dopo un anno dall’inizio delle cure, il dolore e gli altri fastidi legati all’ernia discale sarebbero controllati allo stesso modo con i due trattamenti. Per chi sceglie la via dell’intervento chirurgico immediato, tuttavia, un vantaggio c’è. In media il dolore scompare prima. A dirlo è una ricerca di qualche tempo fa apparsa su New England Journal of Medicine e condotto Wilco Peul, neurochirurgo dell’Università di Leiden. La ricerca ha preso in esame 283 persone che soffrivano da almeno un mese e mezzo di lombosciatalgia, quel fortissimo mal di schiena che ti impedisce qualsiasi movimento della parte bassa della colonna vertebrale e può anche rendere difficile il semplice camminare. In tutti i malati era ovviamente presente una piccola ernia del disco. Poco meno della metà dei soggetti osservati è stata operata, con il classico intervento di microchirurgia chiamato microdiscectomia. Gli altri invece hanno iniziato un lungo percorso di riabilitazione, fatto di farmaci e trattamenti fisioterapici. Purtroppo anche tra quanti hanno iniziato questo lungo percorso di lotta al dolore l’intervento chirurgico si è reso in qualche caso necessario. Quasi quattro malati su dieci anche in questo gruppo ha dovuto finire sul lettino operatorio, più o meno dopo sei mesi di cure. I risultati della ricerca lasciano aperta la strada all’alternativa. Le difficoltà di camminare e la disabilità legata alla sofferenza del nervo sciatico sono apparse pressoché sovrapponibili nei due gruppi.

Quando non c’è la discopatia ma il problema nasce dai muscoli

Nella maggioranza dei casi la lombalgia cronica, con il dolore che rimane più o meno fisso nella parte bassa della colonna vertebrale, è legata soprattutto alle cattive abitudini ed in particolare ad una postura non idonea. A scatenare i malanni sono infatti soprattutto le cattive posizioni o gli sforzi eccessivi cui si sottopongono i muscoli che circondano la colonna vertebrale, come il trapezio. Quando la schiena rimane per lungo tempo nella medesima posizione, soprattutto seduta, senza che i muscoli che corrono lungo la spina dorsale si rilassino a dovere, lo spasmo che si crea è capace di bloccare la zona lombare della colonna. Se la zona interessata dal dolore si trova all’altezza del tratto cervicale della colonna lo spasmo dei muscoli di un lato della spina dorsale porta invece all’impossibilità di muovere la testa. Spesso il riposo non serve, se non quando il dolore è molto intenso e comunque non per periodi prolungati. È fondamentale aiutare i muscoli della schiena mantenendoli attivi, il che significa prima di tutto non mantenere una postura statica per ore: sia che si stia seduti sia che si lavori in piedi, bisogna sempre ricordare che occorre cambiare posizione almeno ogni 40 minuti e, magari, fare regolarmente esercizi di stretching, almeno due-tre volte a settimana, per favorire l’allungamento delle catene muscolari. Provate, lentamente, ad andare giù con il tronco a gamba tesa, partendo in piedi e senza flettere le ginocchia. E non dimenticate che per la schiena è importante anche tenere ben tonici i muscoli addominali e soprattutto bisogna controllare per bene la respirazione, non solo mentre si fa ginnastica ma anche durante tutta la giornata. Se impariamo a fare respiri profondi e molto lunghi favoriamo infatti l’espansione del diaframma e quindi riusciamo a rendere meno tesa la muscolatura.

Gli esercizi giusti per la schiena

Poche, semplici regole e gli esercizi più corretti possono quindi aiutarci non solo a combattere il dolore ma anche a far sì che non si ripresenti. Sul fronte delle strategie da adottare per chi ha la lombalgia come frequente compagna delle giornate, un’indicazione utile viene da una ricerca apparsa su Jama Neurology, che punta diritto su uno schema di esercizi concentrati proprio sul progressivo apprendimento di una corretta postura e di altrettanto “intelligenti” movimenti. In pratica la proposta degli esperti è quella di imparare una serie di movimenti che consentano di “addestrare” le abilità motorie. La tecnica si chiama MST (sigla che sta per l’inglese Motor Skills Training) e propone sia posizione ideali quando si lavora sia semplici esercizi da eseguire durante le attività quotidiane. Le attività sono concentrate sulla coordinazione del movimento, per migliorare la flessibilità più che sulla forza muscolare. La tecnica è stata testata su circa 150 persone con disabilità legata a forte dolore lombare da un’equipe coordinata da Linda Van Dillen della Washington University, Lo studio, condotto su persone con dolore lombare non specifico e quindi senza una chiara origine patologica, ha dimostrato che il trattamento con MST (da imparare attraverso corsi specifici) ha portato non solo a limitare l’intensità del dolore posturale nel periodo dello studio rispetto alla classica attività ginnica, ma  ha anche condotto ad utilizzare meno farmaci per combattere dolore ed infiammazione oltre a “togliere” il timore di svolgere le normali attività quotidiane. Inoltre a sei mesi di distanza, tra quanti avevano appreso la tecnica proposta e si esercitavano senza strafare ma con buona regolarità hanno avuto un minor rischio di veder ricomparire il dolore a distanza e soprattutto, anche in caso di recidiva a distanza di un anno, il fastidio è stato molto meno grave. Quale che sia la tecnica da adottare, in ogni caso, ricordatevi di farvi dare i giusti consigli dagli esperti.

 

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