di Emanuele Bompan
Una conferma che arriva anche dall'ultimo Vinitaly, kermesse di riferimento internazionale per il settore enologico, tenutasi a Verona dal 2 al 5 aprile. Qui ha trionfato il vino frutto di agricoltura biologica o biodinamica, realizzato con metodi naturali e prodotto in cantine a basso impatto, attente alle pratiche di agricoltura rigenerativa e rispettose della biodiversità. Secondo un'indagine condotta da Nomisma-Wine Monitor un italiano su due preferisce il vino biologico per la qualità legata alla sostenibilità ambientale. Inoltre, scrive FederBio, "il vino biologico Made in Italy è apprezzato anche all'estero: nel 2022 è stato esportato per un valore di 626 milioni di euro, +18% rispetto all'anno precedente e una quota sul totale dell'export vitivinicolo italiano dell'8%".
Per celebrare questa rivoluzione nel bicchiere, oltre ai padiglioni regionali, si è realizzato il padiglione Vinitaly Bio, interamente dedicato al vino biologico certificato prodotto in Italia e all'estero, dove è stato possibile degustare tantissime novità e conoscere da vicino le pratiche di sostenibilità adottate dalle cantine. Ma la "scena" dei vini a impatto ridotto è ben più ricca di quanto si è potuto vedere a Verona: un sottobosco fertilissimo, in Italia ma anche in altri paesi come Francia, Slovenia e Germania, dove i grandi rossi in barrique hanno lasciato spazio ai vitigni resilienti e a quelli che già da fine 800 hanno saputo resistere alla devastazione di un temibile parassita, come la filossera. Ma si è lasciato spazio all'agricoltura biodinamica, ne è un esempio il marchio e alle colture a basso impatto sulla biodiversità.
Le pratiche di sostenibilità in campagna
Stefano Girelli, patròn della cantina Santa Tresa, è un vignaiolo che ha sempre voluto "strafare", andando oltre le certificazioni e le norme, trasformando il biologico in un metodo di lavoro e in uno stile di vita, alla ricerca di un'autenticità che si ritrova nel bicchiere. Ha tradotto il suo lavoro in una sorta di "vocabolario della sostenibilità" che include pratiche di diverso tipo, dalla fertilizzazione naturale alla tutela delle falde acquifere, passando per la valorizzazione di un ecosistema in cui vivono api per la produzione del miele e animali selvatici. Invece che pesticidi l'azienda usa il disorientamento e la confusione sessuale, che limitano in modo naturale la riproduzione dei parassiti fitofagi senza utilizzare prodotti chimici dannosi per il suolo e la salute umana. «Tanta attenzione per la gestione dell'acqua di irrigazione di cui ci si avvale meramente per "soccorso", riducendo quindi i turni irrigui e i volumi di adacquamento ai fini di un minore uso dell'acqua ma allo stesso tempo dei potenziali stress per la pianta», spiega Girelli. Santa Tresa ha inoltre investito in condotti idrici per il recupero dell'acqua piovana, preservando così quella di falda, proveniente dai pozzi dell'azienda. Altre tecniche includono la gestione attenta del suolo. Come la semina del favino (tecnica del sovescio) che riporta le sostanze nutritive o le lavorazioni interfilare per eliminare le erbe infestanti, riducendo così il passaggio con macchinari pesanti. Altre cantine sostenibili degne di menzione sono: Azienda Agricola Biologica Santa Venere, Vallróm (ottimo il Chardonanny Dosaggio Zero), Torre deiBeati e Cantina L'Upupa (il Grechetto Frizzante Emilia IGT è imperdibile!).
Cantine Biodinamiche
La viticoltura biodinamica è un tipo di agricoltura biologica, che si basa sulle idee del filosofo austriaco Rudolf Steiner. Tra le sue principali peculiarità, l'utilizzo di trattamenti a base di erbe e di alcuni particolari preparati e l'osservanza delle fasi lunari per le pratiche agronomiche. I vini biodinamici sono certificati dal marchio di qualità Demeter, riportato in etichetta. Trionfa l'Alto Adige che ha un numero molto elevato di cantine biodinamiche come Lageder, con i due vini-icona Löwengang, un rosso a base di Cabernet e un bianco a base di Chardonnay; Manincor, che produce del Pinot Nero, come pinot bianco, chardonnay e sauvignon oppure la cantina Loacker, sita sulla collina di Santa Maddalena, a pochi chilometri dal centro storico di Bolzano, produttore di schiava e lagrein.
I vitigni resistenti, come la "Glera" ottenuta nei laboratori del Crea, hanno il grande pregio di richiedere un numero bassissimo di trattamenti fungicidi all'anno. Questo permetterebbe ai viticoltori di effettuare un numero contenuto di trattamenti con ricadute positive sia sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sia sotto quello economico. I viticoltori potrebbero infatti risparmiare sia sul fronte dell'acquisto degli agrofarmaci, sia a livello di gasolio e usura delle attrezzature impiegate per i trattamenti. Sono vitigni che saranno impiegati in quelle aree maggiormente sensibili poiché vicine ai centri abitati. I viticoltori potranno quindi utilizzare queste nuove varietà in quei vigneti inseriti in contesti urbani oppure limitarne l'uso ai filari perimetrali, in modo da contenere il possibile effetto deriva.
Vini Vegani, cosa sono?
Da qualche anno alcune cantine hanno scelto di produrre vini certificati "vegan". Ma l'uva è un frutto, diranno i lettori e le lettrici. In realtà in pochi sanno che molti vini usano chiarificanti e coadiuvanti di derivazione animale come albumina, caseina e colla di pesce con proteine vegetali (come piselli o patate). Meglio dunque scegliere vini naturali, bio e zero solfiti che non usano questo tipo di ingredienti. «Eliminare l'utilizzo di prodotti di derivazione animale nelle diverse fasi di lavorazione del vino è fondamentale se si vuole condurre un'azienda in modo etico e attento all'ambiente - spiega Stefano Girelli. «Una scelta di questo tipo ha immediate ripercussioni positive: tutela gli animali ma anche riduzione delle emissioni diCO2». Alcune cantine vegan sono: il Prosecco Amets, il Sauvignon Blanc vegan firmato Château Timberlay, i vini valtellinesi di Barbacán, il Bianco Frizzante Ancestrale 'Metodo Olimpia' Cantina Giardino, il curioso orange Progetto Calcarius Puglia IGP "Nù Litr" (in bottiglia da litro!).
E allora, salute!