sabato 1 aprile 2023

ONDA GIGANTESCA SU VENERE

ECCO COSA SI DA DELLO TSUNAMI AVVISTATO NELLO SPAZIO

 a cura di Caterina Damiano

Nonostante i numerosi progressi nell’ambito delle scoperte astronomiche e spaziali, lo spazio profondo nasconde ancora molteplici misteri. Uno dei corpi celesti che più incuriosisce e affascina la comunità scientifica è senza dubbio Venere: il secondo pianeta del sistema solare, infatti, fa ancora parte di un gruppo di entità quasi insondabili che per il momento possono solo essere osservate da lontano. Proprio nel corso di queste osservazioni a debita distanza, però, è stato rilevato qualcosa di (letteralmente) travolgente: una sorta di tsunami, un’onda gigantesca il cui movimento ha scatenato delle conseguenze visibili che possono raccontarci qualcosa di più sull’atmosfera del pianeta.

Le osservazioni e l’atmosfera di Venere

Da diverso tempo astronomi e astrofisici tengono gli occhi puntati su Venere cercando di apprendere quelle che possono essere le nozioni di base per una possibile missione d’atterraggio ed esplorazione. Nonostante sia ancora impossibile anche solo pensare di avvicinarsi alla superficie del pianeta, le lunghe sessioni di studio sono state tutto fuorché infruttuose: già nel 2016, infatti, la missione Akatsuki della Japan Aerospace eXploration Agency aveva rilevato una strana discontinuità che sembrava cambiare, in qualche modo, le caratteristiche della sua atmosfera. Per chi non lo sapesse, l’atmosfera di Venere è molto particolare ed è causa dell’insoddisfazione di buona parte degli scienziati che si occupano del pianeta: essendo molto densa, infatti, impedisce un’osservazione diretta della superficie. In più, è attraversata da scariche elettriche di notevole potenza e la sua pressione è talmente elevata da rendere complesso persino l’accostamento di veicoli e sonde, che pur arrivando ad atterrare non reggono più di poche ore a causa delle condizioni ostili.

La discontinuità: uno tsunami venusiano

Come abbiamo detto, però, già nel 2016 diversi gruppi di scienziati avevano rilevato una strana discontinuità che sembrava dare un piccolo, minuscolo ma significativo, contributo alla possibilità di fare osservazioni più accurate. Purtroppo, dato il comportamento di Venere e della sua atmosfera, riuscire a prevedere la discontinuità in questione era estremamente difficile e, fino a qualche tempo fa, gli sforzi delle campagne spaziali erano quasi interamente incentrati sulle missioni marziane. Negli ultimi tre anni, però, qualcosa è cambiato e nel 2021 è stato approvato uno studio che, in collaborazione con la nuova missione Akatsuki, ha portato un gruppo di scienziati dell’Università di Siviglia, in collaborazione con esperti dell’Università dei Paesi Baschi, a produrre un’analisi dettagliatissima, basata su ben 109 giorni di osservazione continua di tutte le immagini raccolte dall’Akatsuki Ultraviolet Imager e dallo SpeX della NASA Infrared Telescope Facility. Lo studio è riuscito non solo a catturare la discontinuità, ma anche a "identificarla" come uno tsunami venusiano, in grado di partire dallo strato superiore delle nubi e propagarsi in profondità, provocando un piccolo "strappo" che causa venti e accelerazioni essenziali per riuscire a guardare meglio oltre la fitta e densa coltre gassosa che avvolge il pianeta.

La gigantesca onda su Venere e i nuovi studi

Lo studio di questa gigantesca onda, spinta da una forte pressione e formata da anidride carbonica e sostanze non ancora identificate, permette di avere un’idea (seppur approssimativa) dell’aspetto delle aree più elevate del pianeta. Secondo gli scienziati, alcune regioni presentano dunque delle zone montuose e/o delle barriere fisiche estremamente imponenti che portano "l’onda" a infrangersi e a creare una momentanea spaccatura.

«Tenere sott’occhio la discontinuità e misurare i venti – spiega il capo ricercatore Javier Peralta – è essenziale per cercare di capire com’è fatto il pianeta, ma non solo. Può farci capire, per esempio, perché l’atmosfera di Venere ruoti sessanta volte più velocemente della superficie. È solo un inizio, ma il monitoraggio può darci modo di dare una spiegazione logica a ciò che non riusciamo ancora a comprendere in modo soddisfacente».

 

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