mercoledì 15 febbraio 2023

TEMPO EFFETTIVO NEL CALCIO

LO RICHIEDONO TUTTI

di Gianfranco Teotino (fonte Gazzetta dello sport)

Dieci minuti e 39 secondi. Di calcio giocato, non di permanenza in campo. È la differenza che passa fra due partite dello stesso campionato, la nostra Serie A, nella stessa giornata, l’ultima. Sampdoria e Inter si sono contese il pallone o ne hanno mantenuto il controllo per 60 minuti e 20 secondi, quasi un record, mentre Verona e Salernitana l’hanno fatto soltanto per 49 minuti e 41 secondi: il resto del tempo è trascorso fra pause assortite, cambi, ostruzioni, attese da Var e chiacchiere fra arbitro e calciatori. Insomma, la sfida del Bentegodi è in realtà durata il 17,7% in meno di quella di Marassi. Un’enormità. Neanche fossero due sport diversi.

Fra questi due estremi si collocano le altre otto gare della settimana, ben scaglionate nell’arco temporale: quattro fra i 50 e i 55 minuti di gioco effettivi, quattro fra i 55 e i 60. Domenica è stata la volta di Thiago Motta, allenatore del Bologna, nel risollevare la questione: "Ci sono troppi giocatori che “svengono”, si rotolano a terra, salvo poi rialzarsi e riprendere a correre. Cercano di ingannare, di creare confusione e vengono premiati". Peccato che sia sempre chi perde, o non vince una partita da vincere, a lamentarsi dell’ostruzionismo degli altri, ma è vero che in Bologna-Monza si è giocato soltanto per 51’03”, al secondo posto nella classifica di giornata del tempo perduto. Mentre la seconda per durata effettiva è stata Lazio-Atalanta, 59’45”, e certamente non è un caso che sia stata la partita più bella, seguita proprio da Samp-Inter. Il tema dell’ostruzionismo non è certo una novità, quello della differenza di durata reale fra una partita e l’altra invece sì. È interessante osservare come in Verona-Salernitana siano stati assegnati complessivamente 8’48” di recupero e in Bologna-Monza 8’46”, mentre in Sampdoria-Inter 6’45” e in Lazio-Atalanta 7’56”. Cioè: nonostante si sia giocato quasi o oltre dieci minuti in meno, la differenza nell’extra-time concesso è stata in un caso inferiore al minuto e nell’altro di appena due minuti.

È evidente che il recupero così come gli arbitri sono abituati a concepirlo, calcolando in misura convenzionale il tempo perso per sostituzioni o ingresso in campo dei sanitari e in misura spannometrica le soste da Var, non funziona più. È soprattutto il Var a fare la differenza: prima della sua introduzione, le partite di Serie A duravano mediamente intorno ai 57 minuti, adesso intorno ai 54’. Ci si ferma non solo per le revisioni al monitor, ma anche e soprattutto nell’attesa di comunicazioni dalla regia. Lo stesso fuorigioco cosiddetto semi-automatico ha aumentato la precisione della verifica, ma per ora non ha ridotto le attese. Il problema esiste e se ne è accorta pure la Fifa. Che infatti ai Mondiali aveva chiesto agli arbitri di allungare i recuperi. Suscitando però molte polemiche per l’eccesso di discrezionalità. Il fine era stato in parte raggiunto perché in Qatar le gare hanno avuto una durata effettiva media di 58’04”, rispetto ai meno di 55 minuti dei vari campionati nazionali. Ma i mezzi non hanno convinto quasi nessuno.

Tutto ciò porta a una conclusione ormai inevitabile: la soluzione è l’introduzione del tempo effettivo. Una recente ricerca di mercato del resto ha rivelato che il 62% dei tifosi italiani sarebbe favorevole. Trenta minuti di gioco per tempo. Con tanti saluti a ostruzionisti e simulatori.

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