di Francesco Palma (fonte Gazzetta dello sport)
Come ogni inverno, tocca fare i conti con l’influenza. In questo caso, a tenere banco è la cosiddetta influenza australiana, che prende il nome dal primo Paese nel quale si è manifestata. Del resto, i sintomi “classici” dell’influenza ormai sono ben noti: febbre, mal di gola, tosse, dolori muscolari, ma quali sono invece quelli più pesanti? Quali possono essere le complicazioni dell’influenza australiana?
INFLUENZA AUSTRALIANA: COMPLICAAZIONI—
Lo ha spiegato il dottor Roberto Prota, primario di Pneumologia dell’ospedale Mauriziano di Torino: “Quest'anno è arrivata un po' prima, e ormai siamo vicini al picco. In genere i sintomi più pesanti possono interessare naso, gola, trachea e bronchi, con il rischio di sinusiti, otiti, tracheiti e bronchiti. Occasionalmente, queste situazioni possono determinare anche delle polmoniti: questa complicazione può interessare principalmente i bambini e le persone fragili”. Dottore, ci sono differenze tra quest’influenza australiana e le precedenti forme influenzali?
“In realtà dal punto di vista dei sintomi sono simili. Questa variante è un po’ più contagiosa, prevalentemente nei bambini, rispetto ad altri virus può essere infettante già da 36-72 ore prima che si manifestino i sintomi e può durare più a lungo, anche fino al decimo giorno un soggetto può infettare qualcun altro. Anche la febbre può durare un po’ più a lungo, manifestandosi in maniera repentina e improvvisa. Per il resto, l’infezione si trasmette come sappiamo tramite droplet, quindi per via aerea, come tutte le altre influenze: è cambiata più che altro la percezione delle forme influenzali, alle quali non eravamo più abituati”. Quali sono le principali complicazioni di questa variante influenzale?
“Le polmoniti virali o le forme bronchiolari possono essere abbastanza impegnative, poiché possono portare a delle sofferenze d’organo che causano a volte la necessità di un supporto respiratorio e quindi l’ospedalizzazione, con ossigenoterapia e – in casi fortunatamente più rari – la ventilazione meccanica. Bisogna fare molta attenzione se si soffre già di altre patologie respiratorie, poiché la forma influenzare può “slatentizzare” l’equilibrio del paziente e lo porta ad un peggioramento degli scambi gassosi e in alcuni casi all’ospedalizzazione. Per questo la vaccinazione è imperativa per chi soffre di patologie croniche, non solo respiratorie ma anche cardiovascolari. Negli ultimi due anni abbiamo percepito meno la presenza dei virus influenzali, grazie alle mascherine che ci hanno protetti, mentre quest’anno siamo nuovamente esposti a queste forme virali”.
Cosa bisogna fare in caso di contagio?
“Per quanto riguarda l’uso dei farmaci, ci sono degli antivirali che però vanno utilizzati solo in casi selezionati, così come il cortisone andrebbe preso soltanto in caso di reale necessità. Solitamente bisogna utilizzare antipiretici e antinfiammatori, mentre non vanno assolutamente presi antibiotici a meno che non si manifestino delle infezioni batteriche. Per quanto riguarda l’alimentazione, priorità a pasti leggeri e tiepidi, e soprattutto bisogna affrontare la disidratazione legata alla febbre, che può durare anche 3-4 giorni. Chiaramente c’è bisogno di seguire in maniera attenta i bambini, che possono sviluppare come detto delle forme bronchiolari che stanno affollando i reparti pediatrici degli ospedali. Per quanto riguarda gli adulti, il vaccino resta la soluzione migliore di prevenzione, su questo non discute”.
Quali sono le differenze tra la polmonite virale e quella causata dal Covid?
“La polmonite da Covid si evolve attraverso varie fasi, è caratterizzata da una prima forma virale per 4-5 giorni alla quale segue una forma fortemente infiammatoria, chiamata “tempesta infiammatoria”, che determina tutta una serie di lesioni radiologiche. La polmonite virale è tipicamente interstiziale, riguarda quindi l’impalcatura del polmone, e non è necessariamente accompagnata dalla tempesta infiammatoria che caratterizza invece il Covid”.