L’autoproclamato Principato di Seborga, il piccolo centro in Liguria situato alle spalle di Bordighera, che da ormai diversi anni rivendica la propria indipendenza dallo Stato Italiano, ha emesso una nuova carta di identità. Il documento, dal valore puramente simbolico, verrà rilasciato ai cittadini che ne hanno fatto richiesta, a partire dalle prossime settimane. Ma non è tutto: con la contestuale votazione dei nuovi Statuti generali è stato anche rinnovato il registro anagrafico del Principato di Seborga. A fronte di 59 votanti, i “Sì” sono stati 54 (pari al 91,5%) mentre i “No” sono stati 5 (8,5%). Non c’è stata alcuna scheda bianca o nulla.
L’ANNUNCIO DELLA PRINCIPESSA NINA A SEBORGA
La Principessa Nina ha rilasciato alcune dichiarazioni sul sito del Principato di Seborga: “La riforma degli Statuti Generali costituiva uno dei punti più importanti del mio programma di governo e sono molto soddisfatta di aver completato questo lavoro impegnativo con un risultato positivo. Adesso sarà più semplice per il Consiglio della Corona adottare un insieme di Leggi che meglio definiscano gli aspetti specifici e tecnici dei dettami costituzionali”. Poi ha aggiunto: “Come previsto, realizzeremo entro i prossimi 6 mesi una Gazzetta Ufficiale del Principato con tutti provvedimenti in vigore, pubblicamente consultabile. Ringrazio il Consigliere della Corona per l’Attività Legislativa Luca Pagani, i Consiglieri della Corona e i Priori che hanno preso parte all’opera di revisione e tutti i Seborghini che oggi hanno scelto di sostenere la nostra azione di riforma”.
CHI PUÒ RICHIEDERE LA NAZIONALITÀ DEL PRINCIPATO DI SEBORGA
La nuova carta d’identità del Principato di Seborga sostituisce i precedenti documenti anagrafici del Principato in Liguria. Hanno titolo a richiedere la nazionalità del Principato di Seborga tutte le persone che soddisfino almeno uno dei seguenti requisiti indicati dal Principato di Seborga:
essere stato generato o adottato da padre o madre aventi la cittadinanza del Principato di Seborga (diritto di nascita – ius sanguinis);
essere nato a Seborga (diritto di nascita – ius soli);
essere residente a Seborga da almeno 3 anni (diritto di residenza);
avere una proprietà a Seborga da almeno 3 anni (diritto di proprietà immobiliare);
essere titolare da almeno 3 anni di un’attività commerciale avente sede a Seborga (diritto lavorativo);
essere stato naturalizzato cittadino del Principato di Seborga per decisione sovrana (naturalizzazione);
ricoprire oppure avere ricoperto la carica di Principe di Seborga o di Consigliere della Corona.
PERCHÉ IL PRINCIPATO DI SEBORGA SI CONSIDERA INDIPENDENTE
Sul sito del Principato di Seborga è spiegato nel dettaglio perché questo questo piccolo centro si considera indipendente.
Seborga divenne uno Stato indipendente nel 954, con la donazione del Conte Guidone di Ventimiglia ai monaci benedettini dell’Abbazia di Lerino. Nel 1079, poi, divenne Principato. Nel 1729 Seborga fu venduta dai monaci a Vittorio Amedeo II di Savoia, ma l’atto di vendita non venne legalmente e ufficialmente mai registrato. L’importo concordato per la vendita (147mila lire sabaude, che la famiglia Savoia avrebbe dovuto versare all’Abbazia di Montmajour e alla Repubblica di Genova per debiti precedentemente contratti dai monaci di Lerino) non sarebbe mai stato pagato da Casa Savoia. La Repubblica di Genova continuò a considerare illegittima l’occupazione di Seborga da parte dei Savoia e fece pressioni sulla Santa Sede per allontanarli. Papa Benedetto XIV fu costretto nel 1748 a regolarizzare l’occupazione sabauda emettendo una bolla pontificia che riconosceva il protettorato sabaudo sulla città. L’atto di vendita prevedeva che Seborga sarebbe diventata patrimonio personale del re senza essere annessa al Regno di Sardegna. L’atto di vendita riguardava solo il possesso dei territori di Seborga e non la sovranità su di essi. Il Re di Sardegna si è limitato a esercitare sul Principato di Seborga lo ius patronatus (il re era, cioè, semplice Protettore del Principato e non Principe), cessato nel 1946 con l’esilio dei Savoia dall’Italia. Nella sua spiegazione, il Principato di Seborga sottolinea anche che nel 1815 nessun documento del Congresso di Vienna riportava Seborga come facente parte del Regno di Sardegna. Per questo motivo, stando a quanto si legge, l’annessione, nel 1861, al Regno d’Italia e, nel 1946, alla Repubblica Italiana sarebbe da considerarsi unilaterale e illegittima.