giovedì 5 maggio 2022

CUORE D'ATLETA

SINTOMI E RISCHI

di Maria Elena Perrero (fonte Gazzetta dello Sport)

Avere il cuore d’atleta: non è un modo di dire, ma il termine che indica l’insieme di modifiche strutturali e funzionali che si riscontrano nel cuore di alcuni sportivi, non solo professionisti ma anche amatoriali, che si allenano con regolarità e con una certa intensità. Se è però vero che il cuore d’atleta non è una malattia è altrettanto vero che, protratto all’estremo, può diventarlo. “Il cuore d’atleta è un cuore che va incontro ad alterazioni che, se riscontrate in un soggetto che non fa sport, sono indice di patologia”, sottolinea a Gazzetta Active il dottor Flavio Doni, cardiologo e maratoneta, responsabile del Marathon Center presso Palazzo della Salute-Wellness Clinic di Milano.

CUORE D’ATLETA TRA SPORTIVI E NON—Tra gli stessi sportivi ci sono differenze da non sottovalutare per quanto riguarda il cuore d’atleta: “Se il soggetto fa sport, il cuore d’atleta è indice di un adeguamento del muscolo cardiaco alle necessità dell’attività cardiaca. Ma queste necessità, queste richieste, devono avere un limite, altrimenti l’adattamento del cuore diventa patologico. Io posso chiedere al mio cuore di sostenermi, quindi di diventare un cuore d’atleta, ma lo devo sempre fare con grande prudenza, con carichi di lavoro adeguati che tengono conto del fatto che anche il cuore ha un limite di tolleranza”, sottolinea Doni.

CUORE D’ATLETA: CHE COS’È—  Il cuore di uno sportivo deve rispondere alla necessità di inviare più sangue possibile, e quindi ossigeno, ai muscoli. "Per raggiungere questo obiettivo - spiega Doni -, negli sport che prevedono importante attività isometrica (come il sollevamento pesi, il canottaggio, i lanci, l'allenamento in palestra), il cuore deve superare una elevata resistenza periferica. Tenderà quindi a diventare soprattutto ipertrofico. Negli sport di endurance (come la corsa e il ciclismo) il cuore per inviare più sangue possibile, tenderà soprattutto a dilatarsi".

CUORE D’ATLETA: I SINTOMI-- Finché l’allenamento resta sostenibile, commisurato alle nostre capacità fisiche, il cuore d’atleta è dunque solo qualcosa di positivo. Il problema è quando si eccede con il carico di lavoro. “A quel punto si possono avere sintomi come un’improvvisa mancanza di respiro, palpitazioni, frequenza cardiaca a riposo molto più alta del solito, oltre a valori alterati negli esami del sangue - spiega il cardiologo -. Per questo è bene fermarsi prima, senza eccedere”.

QUANDO IL CUORE D’ATLETA DIVENTA MALATTIA—Anche nello sportivo, dunque, il cuore d’atleta può diventare una malattia: “Questo avviene nel momento in cui chiedo al cuore di sviluppare un’ipertrofia abnorme per produrre la quale determino anche danni al tessuto, ovvero formazione di cicatrici con il rischio di aritmie pericolose. Il cuore è un muscolo, e se viene sforzato troppo si lesiona. Le cicatrici sono tremende per il cuore perché alterano il passaggio della corrente elettrica all’interno del cuore stesso. In un muscolo come il cuore una cicatrice può determinare aritmie anche mortali - sottolinea Doni -. L’ipertrofia cardiaca di un cuore d’atleta, dopo uno o due mesi di riduzione dell’allenamento regredisce. L’ipertrofia di un cuore d’atleta esasperato non regredisce più”. Per questo è bene una valutazione cardiologica: “Un elettrocardiogramma o ecocardiogramma sono fondamentali nella visita sportiva proprio per vedere, tra le altre cose, un eventuale ispessimento delle pareti cardiache”, sottolinea il cardiologo e maratoneta.

CUORE D’ATLETA SENZA FARE SPORT—Ma il cuore d’atleta, o quanto meno l’ipertrofia cardiaca che si ha nel caso del cuore d’atleta, si può avere anche in chi non è sportivo. Solo che a questo punto si tratta di una vera e propria patologia. “L’ipertrofia cardiaca del cuore d’atleta, dunque negli sportivi, è strettamente legata al carico di  lavoro - chiarisce Doni -. Se si riduce l’allenamento, immediatamente si riduce anche l’ipertrofia. Nel caso dell’ipertrofia cardiaca nei non sportivi, poi, l’ispessimento delle pareti del cuore si accompagna ad una maggiore rigidità delle pareti. Di conseguenza il cuore lavora male, ha più difficoltà a pompare il sangue”. Nel caso dei non sportivi, le cause possono essere diverse: “L’ipertrofia può indicare ipertensione o può essere congenita. In ogni caso è segno di malattia".

 

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