Una carriera straordinaria che l'ha portata da un piccolo paese delle colline abruzzesi fino a Wall Street per poi arrivare a ricoprire un ruolo apicale in Baker Hughes, azienda presente in oltre 120 Paesi, che progetta, produce e consegna soluzioni tecnologiche all'avanguardia per i clienti dell’industria in tutto il mondo: lei è Georgia Magno e qui racconta la sua storia.
Georgia, lei riveste un ruolo importantissimo in un’azienda internazionale: di cosa si occupa esattamente?
Sono un avvocato e ho una specializzazione nel contenzioso internazionale, ma attualmente rivesto il ruolo di General Counsel di Baker Hughes per la divisione Turbomachinery & Process Solutions (TPS) del Gruppo, oltre che di Direttore Affari Legali per il consiglio di amministrazione di diverse società di Baker Hughes e vicepresidente di Nuovo Pignone Holding spa. Diciamo che, oltre alle questioni di carattere squisitamente legale in quanto esperta di diritto, partecipo alla definizione delle strategie aziendali, alla valutazione dei rischi, alla diffusione della cultura aziendale perché sia etica e rispettosa del diritto, oltre che dare il mio contributo per la definizione delle linee guida relative alla transizione energetica di cui sono diventata da poco responsabile per tutte le questioni legali.
La sua è una storia che parte da un paesino dell’Abruzzo.
Sono nata e cresciuta in un paesino tra le colline abruzzesi, in assoluta serenità e in un ambiente protetto e sicuro. Nonostante questo, i miei genitori sapevano quanto fosse importante viaggiare e quindi sono stata spronata a fare per vacanze studio all’estero fin da piccola. Non è stato quindi un problema spostarmi a Bologna per frequentare la facoltà di giurisprudenza, anche se non mi era ben chiaro fin dall’inizio quale fosse il mio progetto professionale, che ho successivamente definito strada facendo. Mentre studiavo, ho fatto un’esperienza di scambio negli Stati Uniti come visiting researcher, cioè come ricercatrice universitaria, e lì ho preparato la mia tesi sul contenzioso e l’arbitrato internazionale; sono poi tornata a Bologna per laurearmi, salvo ripartire immediatamente per gli States, di cui mi ero innamorata, per frequentare un Master in diritto tenuto presso la prestigiosa università di Harvard, al termine del quale ho superato l’esame per l’abilitazione alla professione legale negli USA.
Un’esperienza, quella americana, di indubbio valore.
E’ stato un periodo fantastico, non solo per quanto riguarda l’attività professionale, ma anche per le relazioni che ho costruito. Ho conosciuto persone eccezionali, mi sono confrontata con culture ed esperienze molto diverse, ho frequentato amici splendidi e costruito rapporti che coltivo ancora oggi. D’altra parte, quando si è all’estero, nei Campus ad esempio, la necessità di stringere rapporti favorisce amicizie in tempi molto veloci; Harvard poi ha rappresentato il coronamento di un sogno, anche di quello dei miei genitori, che hanno fatto dei grossi sacrifici per consentirmi di andarci.
Dagli States all’Italia, ma non si è fermata.
Dopo Harvard sono tornata nel nostro Paese per fare praticantato presso uno studio americano con sede a Roma. Ci sono stata due anni, ma mi mancava New York. Ho deciso quindi di ripartire e sono rimasta nella Grande Mela dal 2006 fino al 2010, dove ho lavorato come avvocato d’affari e ho gestito temi complessi come quello della crisi internazionale legata al fallimento della banca d’affari Lehman Brothers. Tuttavia, a un certo punto ho voluto abbracciare un progetto diverso, quello familiare, e quindi sono rientrata in Italia: una scelta coraggiosa, lo ammetto, che però si è rivelata vincente.
Lavoro e famiglia: non è impossibile, quindi.
Ho sempre lavorato in aziende americane dove l’attenzione su inclusione e diversità è particolarmente sentita. Anche in Italia le cose si stanno muovendo, pur se vi è ancora tanto da fare per riuscire a conciliare lavoro e famiglia. Nel mio caso, la flessibilità del mio lavoro e la disponibilità dell’azienda, anche a fronte del mio impegno costante e continuo, mi hanno consentito non solo di poter gestire i miei bambini, Davide, che ha cinque anni, e Luca, che ne ha tre, ma addirittura ho ricevuto riconoscimenti, tra promozioni e premi, proprio durante le mie due maternità.
Dal mondo della finanza a quello dell’energia: rimpianti?
Assolutamente no. Certamente a New York, una città estremamente effervescente, dinamica e culturalmente stimolante, ho lasciato il mondo glitterato degli studi legali legati a Wall Street, ma Baker Hughes, società americana con un’importante presenza in Italia, è una realtà anche più affascinante. Si tratta di un’azienda leader nel settore dell’energia, che produce principalmente turbine a gas e compressori ad altissima tecnologia per la liquefazione e il trasporto del gas naturale, e che oggi è fortemente impegnata nella transizione energetica, su cui stiamo investendo tantissimo.
So che lei è molto impegnata anche sul fronte delle pari opportunità.
Sono leader globale del Baker Hughes Women's Network, la community aziendale dedicata alle attività di empowerment, inclusione e leadership femminile. Per questa iniziativa, organizziamo circa cento eventi all’anno su vari temi, che riguardano, ad esempio, le soft skills, la resilienza, la gestione della maternità e il rientro al lavoro, o approfondimenti su temi specifici come quelli della finanza o della transizione energetica. Profondiamo un grande impegno nel favorire e nello sviluppare la crescita dei talenti femminili, perché per noi la diversità costituisce una straordinaria opportunità di innovazione.
Un suggerimento a chi desidera fare carriera in azienda?
Ci vogliono ottimismo e ironia e bisogna andare avanti anche se i risultati non arrivano così come ce li saremmo aspettati. Il pensiero positivo porta a nuove occasioni; ci si deve inventare e, se necessario, anche reinventare mettendosi in gioco e avendo fiducia nelle proprie capacità. Inoltre ritengo sia importante investire nelle relazioni umane, fondamentali tanto nella vita personale, quanto in quella professionale.
Hobby e tempo libero?
Tempo libero pochissimo. Mi piace la musica, che mi regala gioia e ispirazione. Ho sempre amato il rock e sto imparando a suonare la chitarra.
Una curiosità per i nostri lettori?
Sul mio PC ho un adesivo con uno “Smile”, un sorriso per ricordarmi quanto questo sia importante. Per me sorridere è fondamentale, si tratta di un vero super potere: il sorriso è un’arma formidabile capace di aprire tutte le porte.