Giovanissima, ma estremamente determinata, Mariapina Fontana ha fondato insieme al fratello Tenuta Fontana, azienda agricola di produzione, trasformazione e commercializzazione di vini di qualità eccellente dal costo accessibile con l'obiettivo di portarli nei migliori ristoranti e nelle più importanti enoteche del mondo.
Mariapina, sei una giovanissima imprenditrice ed anche la più giovane donna del Vino.
La mia è una storia familiare che è più che caratterizzata dal vino: siamo vignaioli da cinque generazioni e per me è stato dunque un passaggio naturale quello di abbracciare un progetto in cui ho messo il cuore. Tenuta Fontana nasce nel 2009 per volontà mia e di mio fratello Antonio, naturalmente con il benestare dei miei genitori che ci hanno sempre dato la massima fiducia, ed io faccio parte dell’Associazione Nazionale del Vino da quasi dieci anni, oggi ne ho 29.
Un vigneto, il tuo, che è posizionato in un luogo speciale e che vanta una particolarità che lo rende unico.
Il nostro vigneto vanta una tradizione secolare ed una posizione incredibile nel territorio campano, ovvero tra l’agro aversano, che la mia famiglia coltiva fin dalla fine del 1800. Qui alleviamo vitigni pregiati, primo fra tutti l’Asprinio di Aversa, una eccellente uva bianca, patrimonio naturale che abbiamo voluto tenacemente recuperare, proteggere e valorizzare proprio per le sue straordinarie caratteristiche.
A proposito di questo vitigno: so che ne ricavate tre vini straordinari.
Si. Parliamo del Nostro Asprinio di Aversa realizzato in tre forme. Ci tengo a precisare che in epoca angioina Louis Pierrefeu, cantiniere di corte di Roberto d’Angiò, individuò nei declivi vicino Aversa il suolo ideale per impiantare le viti che assicurassero alla corte angioina una riserva ricca di spumanti. La scelta si rivelò giusta: i tralci di vite, infatti, appoggiandosi agli alberi di pioppo, che fungevano da sostegno, crescevano innalzandosi anche oltre i 15-20 metri di altezza e a festoni, consentendo così la produzione di quell’uva. In tale sistema, in cui le viti vengono chiamate “maritate” poiché si appoggiano ai pioppi, si chiama “Alberata Aversana”. Un’altra teoria invece lo farebbe derivare dalla domesticazione da parte degli Etruschi di viti selvatiche presenti nella zona; secondo studi più recenti ed attendibili, basati su analisi molecolari, si ridurrebbe l’Asprinio a semplice biotipo del Greco. A ogni modo il nome è sicuramente dovuto alla sensazione gustativa data dal vino con esso prodotto.
Cosa mi dici invece dei vitigni del Falanghina, dell’Aglianico e dello Sciascinoso?
La Falanghina del Sannio è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Benevento. Il nome deriva da falange, il palo utilizzato per mantenere i tralci, molto vigorosi, che non consentono una coltivazione ad alberello. Le prime notizie certe del nome compaiono nei trattati di agricoltura a metà Ottocento. Ha un colore paglierino più o meno intenso, un odore caratteristico, più o meno fruttato, ed un sapore secco, fresco, lievemente acidulo, a volte vivace. Il Sannio Sciascinoso è un vino la cui produzione è consentita nella provincia di Benevento. Lo Sciascinoso è più noto in Campania con il suo sinonimo Olivella che deriva dalla forma allungata dell’acino, oliveforme. Il colore rubino è più o meno intenso, ha un odore vinoso, caratteristico, gradevole ed un sapore asciutto, tipico, a volte morbido; gli abbinamenti preferiti sono con pasta al ragù e primi a base di carne, carni bianche e formaggi a media stagionatura. L'Aglianico è un vitigno antico, probabilmente originario della Grecia e introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C. Non ci sono certezze sulle origini del nome, che potrebbero risalire all’antica città di Elea, sulla costa tirrenica della Campania, o essere più semplicemente una storpiatura della parola Ellenico. Il colore è rosso rubino intenso, con l’invecchiamento assume riflessi aranciati, ha un odore armonico e cresce in intensità e gradevolezza con l’età. Gli abbinamenti consigliati sono con le carni sia bianche che rosse, il pollame nobile, la selvaggina e le ricette elaborate.
La passione per il vino è certamente nel tuo DNA, ma avevi un sogno nel cassetto da piccola?
Mi è sempre piaciuto viaggiare e ho sempre pensato che fare esperienze nuove e diverse mi avrebbe fatto crescere. Non mi ha mai spaventato stare lontano e quindi credevo che avrei potuto abbracciare la carriera diplomatica. In realtà poi ho capito che sarebbe stato molto più bello creare qualcosa con la mia famiglia, portando avanti quei valori di unicità che ci hanno sempre distinto. Ho scelto perciò la strada più difficile forse, ma sono molto soddisfatta perché se fai una cosa col cuore non è mai una forzatura, ma un autentico piacere.
Il tuo obiettivo è stato quello di far conoscere il vostro prodotto all’estero.
E’ così. A 22 anni mi sono messa lo zaino in spalla e sono andata negli USA per promuovere i nostri vini. In ogni caso, la strada è lunga e per questo investiamo molto nella comunicazione presenziando ad eventi di importanza nazionale ed internazionale: penso ad esempio al Festival di Sanremo, al Festival del Cinema di Cannes e molti altri.
Parliamo della Vigna del Re.
Un fiore all’occhiello della nostra Tenuta. Nel 2018 abbiamo vinto la gara per ripristinare il vigneto della Reggia di Caserta. Lo scopo è la valorizzazione enologica della produzione di una varietà tradizionale come il Pallagrello bianco e nero da cui otteniamo uve di qualità adatte alla produzione di vino IGT. Nello scorso settembre abbiamo fatto la prima vendemmia e in primavera avremo le prime pregiatissime ed esclusive bottiglie di bianco: una grandissima soddisfazione.
Per una cena speciale quale vino ti piacerebbe avere nel calice?
Sicuramente l’Alberata, perché mi rappresenta maggiormente e perché lo trovo estremamente gradevole, grazie alla dolcezza che gli conferisce la nota mielata. Per un aperitivo invece punterei su Olmo, uno spumante fresco, molto piacevole e in ogni caso perfetto dall’antipasto al dolce.
Parliamo di tempo libero.
Ho sempre studiato e lavorato contemporaneamente. Non mi è mai pesato, perché ho sempre creduto in questo progetto e mi sono sempre data obiettivi anche ambiziosi, che ho voluto raggiungere, nonostante io pretenda sempre un po’ di più. In ogni caso, so trovare i miei spazi e dare retta al mio corpo quando sento che mi chiede una pausa.
Sei una donna di grande avvenenza: è mai stato un ostacolo?
No mai, anzi al contrario il mio aspetto mi ha consentito di fare esperienze anche molto interessanti, come la partecipazione a Miss Italia. Quanto alla femminilità, è qualcosa a cui non rinuncio: le scarpe col tacco dodici non possono mancare nel mio guardaroba, anche se poi magari non le indosso…
Un tuo suggerimento alle ragazze che desiderano fare una esperienza imprenditoriale?
Bisogna crederci e non farsi prendere dal panico quando si tratta di fare una scelta: un pizzico di rischio ci deve essere sempre, è meglio un rimorso che un rimpianto. Quello che sembra impossibile può diventare possibile se lo si vuole; del resto, se ci credi davvero non esiste arma che possa fermarti.