di Vera Martinella (fonte Gazzetta dello Sport)
Fumo, ma sto bene. Lo pensano in molti, anche per anni. Ma il “tabagista sano” non esiste: sintomi quali tosse, catarro e mancanza di respiro, ritenuti “normali” per un fumatore, sono in realtà segno di una malattia respiratoria in atto. E se oltre 11 milioni di italiani continuano ad accendersi una sigaretta ogni giorno (incuranti dei 90mila decessi provocati dal tabacco ogni anno solo nel nostro Paese), non pochi sono anche gli sportivi che più o meno regolarmente cedono alla tentazione. Con conseguenze nefaste non solo per la salute, visto che il fumo è responsabile certo di ben 17 tipi di cancro diversi e altre 40 malattie differenti, ma anche per le loro prestazioni atletiche.
QUANDO MANCA IL RESPIRO —Quanto incide l’uso di tabacco sulla disponibilità di fiato? “Nei ragazzi e negli adolescenti molto, anche se solo per 48-72 ore dopo lo spegnimento dell’ultima sigaretta – risponde spiega Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e Centro Antifumo all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -: ciò a causa del monossido di carbonio, un gas velenoso inodore, incolore e insapore che però toglie disponibilità di ossigeno ai muscoli, compresi quelli respiratori, al cuore e al cervello”. E negli adulti? “Tra i 40 e i 60 anni è la fascia media di età in cui può insorgere nei fumatori la cosiddetta BPCO, ossia una bronchite cronica o un enfisema polmonare, magari ancora allo stadio iniziale. Meglio quindi smettere subito di fumare, prima che dei danni irreversibili a bronchi e polmoni rendano il fare sport un’attività pericolosa per la salute”.
E poi ci sono gli over 70, che non di rado oggi continuano a fare attività sportiva… “Ictus e infarto possono essere subdolamente dietro l’angolo ogni volta che un “vecchio” fumatore fa degli sforzi intensi, come quelli richiesti dallo sport – sottolinea Boffi -: ciò che fa male maggiormente del tabacco sono gli anni di fumo, più che le sigarette giornaliere consumate. Ma non è mai troppo tardi per darci un bel taglio, anche da anziani, per recuperare un po’ di anni di vita ancora sana e attiva”.
I PERICOLI PER CHI FUMA —Quanto e cosa rischiano di più i tabagisti che fanno sport? “Quando facciamo sport inevitabilmente iperventiliamo, ossia respiriamo più velocemente, a causa della fatica che si prova – spiega l’esperto -. Se abbiamo appena fumato prima o se accendiamo una sigaretta appena finito di fare sforzi, i polmoni assorbono di più le nocive polveri sottili prodotte dalla combustione della sigaretta. Il che significa più infiammazione e stress ossidativo, a causa della formazione di radicali liberi. In sintesi: fumare prima e dopo un’attività fisica fa ancora più male, specie all’apparato respiratorio e a quello cardiovascolare”. Vale anche per sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato? “Sì, anche se il PM10 liberato dalle sigarette elettroniche coi liquidi è presente in concentrazioni decine di volte inferiore – chiarisce Boffi -. Diverso è il discorso per le più nuove sigarette col tabacco riscaldato: lì dati scientifici recenti hanno dimostrato una capacità di provocare infiammazione e stress ossidativo ai polmoni e al cuore pressoché uguale alle sigarette tradizionali”.
FANNO MALE ANCHE POCHE SIGARETTE —E se fumi poco, ad esempio 4 o 5 sigarette al giorno? “Purtroppo il danno c’è lo stesso, come accade per il fumo passivo nei non fumatori: in questi casi le sostanze dannose trovano dei polmoni più puliti, quindi più capaci di assorbirle completamente, perché la loro funzione di filtro è più efficiente. Dunque del tabacco fa male l’uso, sempre e comunque, non solo l’abuso”. Quanto si impiega a tornare “normali“ se si smette? “Il battito cardiaco si rallenta e la temperatura di mani e piedi da fredda torna normale, già dopo qualche ora dallo spegnimento dell’ultima sigaretta. Poi col passare dei mesi e degli anni si recupera la nostra capacità respiratoria e, in circa 10 anni, si torna ad avere quasi lo stesso rischio di tumore al polmone o alla vescica, d’infarto e di ictus di chi non ha mai fumato nella sua vita. Quindi per un’atleta i benefici possono essere tangibili già nell’immediato e poi farsi più consistenti col passare delle settimane e dei mesi”.