(fonte Gazzetta dello Sport)
Trazioni, torsioni, lanci, evoluzioni in aria, ricadute: la colonna vertebrale è messa a dura prova dallo sport, che sia il calcio, la ginnastica artistica, il tennis, la bicicletta o il sollevamento pesi. Può capitare quindi, che lo sportivo amatoriale come quello professionista soffrano di mal di schiena o che, nel peggiore dei casi, vadano incontro a un’ernia del disco. Esistono però degli accorgimenti da osservare durante l’allenamento per evitare che la pratica sportiva causi danni alla colonna vertebrale, ma anche misure di contenimento e di trattamento qualora compaia un’ernia discale. Abbiamo chiesto quali sono nello specifico al dottor Carlo Alberto Benech, Responsabile Chirurgia Vertebrale 3 dell’Humanitas-Cellini e consulente presso il J Medical di Torino che, proprio per questo tipo di patologie, ha trattato molti pazienti sportivi.
Dottor Benech, quindi lo sport fa male alla schiena?
“Possiamo dire che lo sport è un traumatismo per la colonna perché quasi tutte le discipline richiedono uno sforzo estremo da parte della nostra spina dorsale (basti pensare alla corsa, al tennis, agli sport traumatici come il calcio, alla ginnastica, al basket e persino al golf). Ma se questo fa sì che circa il 30% degli sportivi soffra di mal di schiena, quasi l’80% dei sedentari ha manifestato almeno un disturbo alla colonna vertebrale. Fare attività fisica costituisce comunque un elemento protettivo per la salute della schiena, poiché aumenta il tono muscolare e allevia il peso sostenuto dalla colonna. Sono tanti gli atleti professionisti che, pur avendo una spina dorsale usurata, continuano a praticare il loro sport ad alti livelli e in maniera del tutto asintomatica grazie alla loro muscolatura”.
Come si possono ridurre i danni alla schiena durante il training?
“Per attenuare il traumatismo che l’attività sportiva provoca sulla colonna la strategia migliore consiste nel fare sia prima che dopo l’allenamento esercizi di allungamento dei muscoli paravertebrali, e di potenziamento di addominali, lombari e dorsali. In questo modo si va a migliorare la flessibilità e la resistenza dei muscoli della “core stability” che sollevano la colonna dal peso stesso ed evitano che i dischi siano sottoposti a troppo stress dinamico”.
Quando si può verificare un’ernia del disco?
“Quando la muscolatura di sostegno non è sufficiente ad attenuare il carico su alcuni punti della colonna. In genere questo accade nella zona lombare, a livello delle vertebre L4-L5 e L5-S1 e nell tratto cervicale (vertebre C5-C6 e C6-C7) che sono il maggiore fulcro dinamico della schiena per torsioni, carichi, sforzi”.
Bisogna sospendere l’attività sportiva?
“Non sempre è necessario. All’inizio l’approccio è conservativo, con farmaci antinfiammatori e/o cortisone. Sè l’atleta è un professionista, prima delle gare deve giustificare alla Federazione l’uso del cortisone (portando opportuna documentazione), poiché si tratta di una sostanza considerata dopante. Fino a quando le terapie farmacologiche e la fisioterapia consentono di avere risultati performanti si può continuare a praticare l’attività anche a livello agonistico. Quando invece il dolore diventa invalidante o si va incontro a deficit motori per l’eventuale compressione di una radice nervosa, significa che è arrivato il momento di fermarsi e valutare la possibilità di sottoporsi ad un intervento chirurgico”.
In cosa consiste l’intervento? E si può tornare poi a praticare il proprio sport ad alti livelli?
“L’intervento può essere effettuato con tecnica microchirurgica o endoscopica. Si esegue una piccola incisione cutanea, si rimuove il frammento discale che comprime la radice nervosa. Si tratta di un’operazione davvero sicura e mininvasiva che, dopo il giusto periodo di convalescenza e riabilitazione, permette di tornare all’attività di prima, senza per forza compromettere la carriera. Per un calciatore professionista, per esempio, sono sufficienti 3-4 mesi di recupero per rientrare in campo in forma e ritrovare le performance precedenti”.