Facebook volta pagina, cambia nome e si proietta al fururo. L’annuncio è del suo fondatore Mark Zuckerberg che annuncia “la nostra azienda è ora Meta”. Un cambio di passo dettato dalle nuove tecnologie e dall’aspirazione di essere, non tanto un social media, quanto un ecosistema per “connettere” le persone.
Il Metaverso
Ma cosa intende Zuckerberg quando parla di metaverso? “Una piattaforma ancora più immersiva, un internet incarnato dove sei”, dice il Fondatore di Facebook, aggiungendo “la caratteristica definitiva del metaverso sarà una sensazione di presenza, come se fossi proprio lì con un’altra persona o in un altro posto”, “potrai fare quasi tutto quello che puoi immaginare: stare insieme ad amici e familiari, lavorare, imparare, giocare, fare acquisti, creare ed anche esperienze completamente nuove”, “potrai teletrasportarti istantaneamente come ologramma per essere in ufficio senza fare il pendolare, ad un concerto con gli amici, o nel salotto dei tuoi genitori”.
“Il metaverso non sarà creato da una sola società. Sarà costruito da creatori e sviluppatori che realizzano nuove esperienze e prodotti digitali interoperabili e sbloccano un’economia creativa enormemente più grande di quella vincolata dalle piattaforme di oggi e dalle loro politiche”, dice Zuckerberg, prevedendo di creare 10mila posti di lavoro in Europa nei prossimi 5 anni.
Zuckerberg si dimette per salvare la baracca?
Ma secondo molti osservatori la trasformazione di nome e di fatto nasconde una realtà molto più complessa, che potrebbe portare Mark Zuckerberg a dimettersi proprio per salvare la sua stessa creatura, minacciata dallo scandalo dei 10 mila documenti pubblicati dal Wall Street Journal, che hanno denunciato i rischi delle ricadute sociali della condivisione di contenuti sensibili da parte degli utenti. Documenti che Facebook conosceva ma che ha scelto di ignorare. La portata dello scandalo è tale da far impallidire la crisi seguita alle manipolazioni dei dati degli utenti del social network da parte Cambridge Analytica per far vincere la Brexit e Trump. Anche in questo caso, è stato un “pentito” a innescare le rivelazioni: Frances Haugen, un pezzo grosso: 38 anni, aveva lavorato a lungo a Google, firmando anche un brevetto su un algoritmo per modificare i risultati del motore di ricerca, ed era passata a Yelp e Pinterest prima di approdare a Facebook nel 2018 per occuparsi di come contrastare la disinformazione dilagante sui social.