Risalgono a Gennaio 2021 i primi risultati della ricerca dell’Argonne National Laboratory, sull’implementazione di AI (Intelligenza Artificiale), nel processare le immagini delle scansioni a raggi X, la cui declinazione d’uso più comune è senz’altro quella legata alle lastre, o radiografie. Quel che forse non ci si aspettava è che – oltre a rendere estremamente più veloce acquisizione e definizione delle immagini radiografiche in 2D – le reti neurali sono in grado di trasformare le immagini in oggetti tridimensionali. La matematica dietro alla composizione di un’immagine 3D è completamente diversa, ed estremamente più complessa, dei calcoli necessari a processare un’immagine standard. È a partire da questo assunto che il gruppo di ricerca ha raccolto la sfida: testare la propria AI in tal senso.
L’Intelligenza Artificiale: riempire gli spazi vuoti nel magma dei Big Data
L’Intelligenza Artificiale è oggi riconosciuta come lo strumento elettivo per lo studio dei cosiddetti Big Data: quando i dati da processare sono talmente tanti che i database relazionali non riescono ad analizzarli, si fa ormai abitualmente riferimento alle AI. Ciò avviene assai spesso in materia di analisi e processo di immagini digitali: le AI sono coinvolte nella "creazione" delle fotografie che arrivano sulla Terra dallo spazio, tanto quanto nel restauro di video storici. Ci si potrebbe chiedere perché si usa così frequentemente l’Intelligenza Artificiale per leggere le immagini digitali. Essenzialmente, le AI riescono a completare le informazioni mancanti, riempiendo "gli spazi vuoti" tra un dato e l’altro, e permettono così all’osservatore di ottenere un risultato coerente. L’esperimento del gruppo di ricerca delle Argonne non si è quindi fermato alla possibilità di sfruttare le potenzialità dell’AI per rendere più veloce l’acquisizione delle immagini a raggi x. La possibilità di programmare una rete neurale che riesca a trasformare le immagini da bidimensionali a 3D potrebbe infatti avere importanti implicazioni sia per l’astronomia sia per le scienze che si basano sull’osservazione microscopica dei fenomeni.
Le reti neurali leggeranno le lastre 3D
Molti campi delle scienze naturali si trovano a lavorare con l’Advanced Photon Source (APS), installato nel lontano 1995 proprio presso l’Argonne National Laboratory, in Illinois. Si tratta di una struttura nazionale usata per la ricerca sulle sorgenti luminose a radiazione di sincrotrone. "Per fare in modo che l’APS sia sfruttato al massimo delle potenzialità, dobbiamo reinventare la struttura di analisi dei dati", dice Mathew Cherukara (Argonne National Laboratory), "il machine learning può aiutarci a fare un uso completo dello strumento, cosa attualmente impossibile". Il machine learning è una branca dell’AI che si occupa di apprendimento automatico. La peculiare struttura scelta per l’esperimento è quella delle reti neurali artificiali, note come ANN o NN (Neural Network): un modello computazionale basato su "neuroni" artificiali che tendono a ricalcare il funzionamento delle reti neurali biologiche. La rete neurale viene addestrata a riconoscere gli oggetti, e le modifiche che li coinvolgono nel tempo, direttamente dai dati grezzi. Henry Chan, a capo dell’operazione, spiega: "abbiamo creato delle simulazioni di cristalli di diversa forma e misura, per poi convertirli in immagini e modelli di diffrazione da sottoporre alla rete neurale", che sembra arrivare alle risposte giuste sempre più rapidamente. La grandiosità di questo tipo di implementazione, è che la AI riesce non soltanto a facilitare enormemente l’analisi e il processo delle immagini, ma può arrivare a definire i materiali e le modifiche subite nel tempo dall’oggetto osservato.
In ultimo, l’esperimento è stato spinto fino al tentativo di trovare le informazioni mancanti nell’immagine a raggi X di piccole particelle d’oro. I risultati, ancora più che soddisfacenti, lasciano dire a Chan che il prossimo passo della ricerca è quello di integrare la rete neurale all’interno del flusso di lavoro dell’APS. Se è vero che l’apprendimento automatico va inevitabilmente nella giusta direzione, questo particolare esperimento è destinato a implementare il processo di acquisizione e lettura delle immagini ottenute ai raggi X: stando a quanto sostengono i ricercatori dell’Illinois, le lastre del futuro saranno in 3D, e sono molto più vicine di quel che crediamo.