domenica 11 luglio 2021

MEZZI SPECIALI

SUPER LANDINI, TRATTORE TESTACALDA MONOCILINDRICO

di Manuele Cecconi (fonte Gazzetta dello Sport)

Se alla Fiat e alla Piaggio va il merito di aver svolto un ruolo fondamentale nella motorizzazione di massa nell’Italia post-bellica, nelle campagne del nostro Paese il passaggio dalla trazione animale ad un’agricoltura meccanizzata è stato trainato dalla Landini di Fabbrico (Re). Tra i modelli più celebri e significativi della casa emiliana, fondata nel 1884 da Giovanni Landini, un posto d’onore lo merita certamente il Super Landini, il trattore che forse più di ogni altro ha contribuito alla modernizzazione agricola in un periodo, quello compreso tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, di cambiamenti epocali anche sul fronte della tecnica applicata alla produzione.

AUTARCHICO—Lanciato nel 1934 e conosciuto anche con la sigla S.L. 50, il Super Landini rappresentava la risposta tutta italiana – anzi, "autarchica" visto il periodo – ai coevi trattori statunitensi, potenti dominatori degli sterminati appezzamenti d’Oltreoceano. Nonostante sia il più noto tra i "testacalda" reggiani, il Super Landini non è stato l’unico mezzo prodotto dalla casa ad essere spinto da un motore di questo tipo: prima di lui avevano infatti visto la luce il 25/30 HP (1927) ed il 40 HP (1932); in seguito ne sarebbero arrivati molti altri ma nessuno sarebbe riuscito a scalfirne la fama. Perché? Perché le sue doti tecniche, la sua robustezza e una cavalleria importante per l’epoca ne fecero un trattore apprezzatissimo da contoterzisti e grandi agricoltori, coloro che potevano permettersi un mezzo così all’avanguardia. Le stesse doti che gli permisero di sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale rimanendo in prima linea nei campi per ben due decenni, e che ne fecero un simbolo magistralmente sfruttato da una propaganda fascista intenta a celebrare le imponenti opere di bonifica portate avanti nel Ventennio.

TESTACALDA—Ma innanzitutto, perché "testacalda"? Perché il Super Landini, come i suoi predecessori, era equipaggiato con un motore a ciclo Sabathé, un tipo di propulsore molto particolare in cui l’accensione della miscela aria/combustibile non avviene né grazie ad una scintilla (generata da una candela, come nei motori a benzina), né per compressione (come sui motori diesel). Sui testacalda la combustione è infatti innescata dalle alte temperature mantenute nella calotta, una precamera ricavata all’interno della testata nella quale l’iniettore nebulizza il combustibile. Se in pieno funzionamento la temperatura d’esercizio della calotta (da 400 a 700 gradi circa) riesce ad auto-mantenersi, l’avviamento richiede una procedura piuttosto complessa: per accendere il motore è infatti necessario riscaldare manualmente, mediante una fiamma esterna, la testata metallica. Quando la calotta rovente raggiunge un colorito rosso cupo è il momento di mandare il pistone in compressione, con un’energica spinta ai volani che risveglia il gigantesco mostro.

UN CILINDRO, 12 LITRI—Non parliamo a caso di "pistone" al singolare, e a ben guardare nemmeno l’epiteto di "mostro" risulta esagerato quando si parla del Super Landini. Il suo propulsore è infatti un monocilindrico orizzontale a due tempi caratterizzato dalla stratosferica cilindrata di 12.200 cc, ottenuta grazie a misure di alesaggio e corsa degne di un’unità navale (240 x 270 mm). Per la somma gioia degli operatori, chiamati a sopportare vibrazioni che al minimo facevano oscillare avanti e indietro l’intero veicolo. Nelle ultime versioni la potenza arrivava a circa 50 cavalli a poco più di 600 giri/min (nelle prime 40-45 Cv), abbastanza per consentire il traino di attrezzi molto pesanti e l’impiego statico di macchine come pompe o trebbiatrici, utilizzabili attraverso una presa di forza. Il cambio meccanico a tre marce più retro, il motore e il differenziale svolgevano funzione portante; un’altra peculiarità era rappresentata dal raffreddamento a liquido con radiatore, che venne introdotto proprio sul Super Landini in luogo del precedente sistema ad evaporazione con vasca.

TRA DUE EPOCHE—Pesante tra le 3,5 e le 3,7 tonnellate, il Super Landini era dotato di quattro ruote metalliche in ghisa abbinate ad assi a ponte rigido, ma a partire da fine anni Quaranta furono rese disponibili anche le ruote gommate. Freni? Solo quello a mano, che agiva direttamente sulla trasmissione, sufficiente a fermare la trattrice anche alla velocità massima di circa 10 km/h. A leva era persino l’acceleratore, collocato sul lato sinistro, con la sola frizione comandata tramite pedale (sulla destra). L’S.L. 50 fu costruito in più di 3.000 esemplari fino al 1954, quando fu soppiantato dall’L55, il testacalda più potente mai prodotto da Landini. Uscendo di scena solo dopo aver trainato il Paese fuori dagli anni difficili del Secondo Conflitto, nella ripartenza di un’Italia vogliosa di lasciarsi alle spalle guerra e sofferenza. Chiudiamo infine con una curiosità: proprio durante i primi anni Quaranta una versione generatore del monocilindrico testacalda era stata prodotta e utilizzata dalla stessa casa madre, che impiegò vari esemplari del cosiddetto Super Landini Fisso nella produzione di energia elettrica.

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