di Luca Tocco
Il miglioramento nella pratica sportiva è strettamente legato all’incremento delle prestazioni. Se, però, in discipline dove prevalgono gli aspetti coordinativi (come ad esempio il tennis, il calcio, volley e pallacanestro), il miglioramento della performance sportiva si traduce in un’esecuzione più precisa e raffinata del gesto atletico, nelle discipline di endurance (nelle quali si perviene, comunque, ad un miglioramento del gesto), i miglioramenti riguardano, principalmente, l’aspetto organico-muscolare.
PERCHÉ MIGLIORIAMO: ALLA SCOPERTA DELLA SUPERCOMPENSAZIONE? —Sta in questo fatto uno dei motivi per cui ci si appassiona agli sport di fatica. Nel caso della corsa, ad esempio, si inizia a correre a un determinato ritmo; dopo una discreta quantità di allenamento si raggiungono velocità che precedentemente non si riuscivano a tenere, oppure velocità che eravamo già in grado di sostenere le manteniamo per una durata maggiore. Che cosa è successo? Qual è il principio che soggiace a questo fenomeno, così familiare tra chi corre? Con questo articolo ci prefiggiamo di sondare la supercompensazione, un concetto cardine nella biologia dello sport e della fisiologia della prestazione; un principio che ci permette di spiegare perché, grazie all’allenamento, miglioriamo le nostre prestazioni sportive.
PREMESSE —Prima di arrivare a spiegare questo principio, risultano fondamentali alcune premesse. Abbiamo visto come sia possibile pianificare il proprio piano di allenamento basandosi sia sul carico interno che attraverso quello esterno. In ogni caso, resta il fatto che 1) carico e recupero debbono considerarsi come un tutt’uno, per realizzare una programmazione che sia razionale. In secondo luogo, sappiamo che 2) lo stimolo per essere allenante deve superare una determinata soglia; da questo segue che uno stimolo che altera poco l’omeostasi (conservazione dello stato biochimico interno dell’organismo) darà luogo ad adattamenti poco significativi o addirittura non li produrrà affatto. Infine, sappiamo anche che, al fine di permettere un incremento continuo della performance sportiva, 3) lo stimolo deve essere crescente e vario, diversamente se i carichi di allenamento restano costanti per un lungo periodo di tempo, si perde la loro efficacia rispetto all’incremento della prestazione.
ALLENAMENTO E PROCESSI DI ADATTAMENTO —Da quanto abbiamo detto finora risulta chiaro che l’allenamento va considerato come un continuo effetto di adattamento al carico di lavoro. Quello che si verifica con la somministrazione di un determinato stimolo allenante è l’alterazione dell’omeostasi, ma questa rappresenta soltanto la prima parte della fase dell’allenamento. A questa fase iniziale segue il recupero; ed è proprio in questa seconda fase, importante tanto quanto la prima, che s’inserisce la supercompensazione, che altro non sarebbe che uno stato di maggiore capacità energetica di prestazione, ovvero un aumento della capacità di prestazione sportiva.
SUPERCOMPENSAZIONE —La supercompensazione, dunque, è quella fase anabolica (che comprende tutti i processi di biosintesi) che l’organismo mette in atto a seguito di un determinato carico di lavoro. Dopo il carico, infatti, si produce una diminuzione transitoria della capacità di prestazione sportiva (diminuzione del potenziale energetico); è così che nella fase di recupero si genera una risalita conclusiva che va al di là del livello iniziale. In sintesi, supercompensazione significa un recupero in eccesso. Questo principio vale, in ultima analisi, per tutte le sostanze che vengono utilizzate, consumate e modificate e che sono nuovamente sintetizzate durante un lavoro muscolare, cerebrale o organico in senso generale. In particolare, saranno interessati: a) i processi metabolici (risintesi di sostrati energetici quali glicogeno e fosfocreatina); b) le proteine enzimatiche e quelle strutturali; c) i fosfolipidi; d) il numero di mitocrondi presenti nelle fibre muscolari; e) ma anche i processi cerebrali attraverso l’aumento dell’irrorazione sanguigna e attraverso l’incremento dei neurotrasmettitori e delle sostanze neurotrope (quelle che accelerano la crescita delle strutture neuronali).
ALLENARSI CORRETTAMENTE —Da quanto abbiamo detto, risulta evidente che se non rispetteremo i tempi necessari per la rigenerazione dei vari sistemi biologici, questo meccanismo non riuscirà a realizzarsi in maniera completa portando ad una stagnazione della prestazione o, peggio ancora, ad un suo scadimento dovuta appunto ad una successione troppo rapida dei carichi.
L’IMPORTANZA DEL RECUPERO —Ora che lo sappiamo, quindi, ogni volta che andremo ad allenarci riflettiamo sul fatto che mentre stiamo svolgendo un allenamento ci troviamo solamente nella prima parte del processo (quella relativa allo stimolo allenante), il miglioramento si realizzerà solamente a partire dal momento in cui avremo schiacciato il tasto “STOP” del nostro cronometro, dando vita alla successiva fase di recupero. In questa fase, proprio sulla base di quanto abbiamo detto in precedenza, sarà fondamentale adottare tutte quelle misure che lo possono favorire come: defaticamento, bagni defaticanti, massaggi, alimentazione corretta (per far fronte alle carenze di acqua e di elettroliti e alla deplezione delle riserve muscolari di glicogeno), esercizi di ginnastica, stretching, rilassamento, ecc. Tutto ciò concorrerà a diminuire il tempo necessario per il recupero e a favorire il processo della supercompensazione. In ogni caso, l’importante sarà comprendere come la risposta che dà il nostro fisico agli stimoli allenanti avviene durante la fase di recupero. In definitiva, diventiamo più veloci, più resistenti e più forti grazie ad un corretto bilanciamento tra carico e recupero.