Ha lasciato il carcere dopo 25 anni, per fine pena, il boss mafioso Giovanni Brusca, 64 anni, fedelissimo del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, prima di diventare un collaboratore di giustizia ammettendo, tra l'altro, il suo ruolo nella strage di Capaci e nell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Brusca è uscito da Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna. Brusca sarà sottoposto a controlli e protezione, oltre a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d'Appello di Milano. La pena si è ancora accorciata per la "buona condotta". Gli ultimi calcoli prevedevano la scarcerazione a ottobre. E' arrivata anche prima.
L'ex boss che il 23 maggio del 1992 azionò il telecomando che innescò la strage di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, era stato arrestato nel 1996 nel suo covo in provincia di Agrigento e dopo alcuni anni ha iniziato a collaborare con la giustizia. Sarebbe stato scarcerato nel 2022.
La scarcerazione suscita comunque le reazioni più critiche. I familiari delle vittime avevano già espresso le loro preoccupazioni quando si è cominciato a porre, già l'anno scorso, il problema di rimandare a casa un boss dalla ferocia così impetuosa da meritare l'appellativo di "scannacristiani". Nel suo caso sono stati semplicemente applicati i benefici previsti per i collaboratori "affidabili". Se ne era già tenuto conto nel calcolo delle condanne che complessivamente arrivano a 26 anni.
Maria Falcone: "Brusca libero mi addolora ma legge va rispettata" - "Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell'ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso". E' il commenta di Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni.
"La stessa magistratura in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle sue rivelazioni, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili possa tornare libero a godere di ricchezze sporche di sangue", ha aggiunto la sorella di Falcone.
La vedova Montinaro: "Lo Stato mi ha preso in giro, sono sconfortata"Esprime forte indignazione Tina Montinaro, la vedova di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone. "Lo Stato - ha detto - mi ha preso in giro, sono sconfortata: a distanza di 29 anni non so ancora la verità su Capaci e chi ha schiacciato il bottone e distrutto la mia vita torna libero. Non è servito a nulla quanto è successo a Palermo. Ho bisogno di uno Stato che ci tuteli non che liberi i criminali".