È il 1994 quando un pastore curdo si rende autore di una scoperta archeologica che rivoluziona inevitabilmente il modo di guardare all’origine dell’uomo. Stiamo parlando di Göbekli Tepe, per alcuni il leggendario Giardino dell’Eden. Definito anche la Stonehenge d’Asia, il sito mette in crisi le convinzioni di storici ed archeologi. Eretto 12.000 anni fa da generazioni di cacciatori dell’età della pietra, è ritenuto dagli studiosi del gruppo di scavo un vero tempio dell’Eden, il celebre Paradiso Terrestre. Quest’area, immersa nella Turchia rurale, custodisce il più antico santuario megalitico finora mai riportato alla luce, un luogo di culto costruito, si ritiene, tra la fine del mesolitico e il primo neolitico. Negli anni ’90, fu, come detto, un pastore del luogo a notare pietre anomale sporgere dal suolo.
Gli scavi presero, poi, il via un anno dopo, sotto la direzione di Klaus Schmidt, a cura del museo di Sanliurfa e dell’Istituto archeologico germanico di Istanbul. Ad oggi, sono stati riportati alla luce 45 megaliti, del peso di oltre 10 tonnellate, disposti in cerchi di diametro da 5 a 10 metri; ma le perlustrazioni geomagnetiche hanno rilevato che ce ne sono centinaia da riportare a galla. Secondo Schmidt, questo luogo è la mitica ubicazione dell’Eden. Stando alle parole della Genesi, il giardino biblico si trova ad ovest dell’Assiria; Göbekli si trova proprio ad ovest di quella che, ai tempi, era l’antica Assiria. Il testo parla, poi, di quattro fiumi che attraversavano il giardino, tra i quali il Tigri e l’Eufrate; l’area è racchiusa fra due di questi. Non è tutto: “Eden” deriva dal sumerico e significa “pianura”; il sito è collocato proprio in una pianura, quella di Harran. Verità bibliche a parte, sta di fatto che, nell’ 8000 a.C., i cacciatori di Göbekli Tepe lo seppellirono volontariamente. Ancora non se ne conoscono le motivazioni, forse un sacrificio religioso.