Secondo la tradizione cristiana, il Venerdì Santo bisogna astenersi dal consumare carne. Ecco perché. La Settimana Santa, una delle celebrazioni più importanti del cristianesimo, ha inizio con la Domenica delle Palme e comprende la Passione, la morte sulla croce e la Resurrezione di Gesù, ovvero la Pasqua. In questo periodo, sono previste speciali osservanze per i credenti, che comprendono anche digiuno ed astinenza. Tali pratiche sono regolate dal “Codice di Diritto canonico“: il canone 1251 stabilisce che va osservata “l’astinenza dalle carni o da altro cibo (…) in tutti i singoli venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l’astinenza e il digiuno, invece, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì della Passione e Morte del Signore”.
Il canone 1252 chiarisce che alla legge dell’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il quattordicesimo anno d’età; a quella del digiuno, invece, tutti i maggiorenni fino al sessantesimo. Digiuno, però, non vuol dire “non mangiare”: tutti i fedeli tra i 18 e i 60 anni, salvo in caso di malattia, possono concedersi un unico pasto nella giornata; l’astinenza dalle carni, invece, impone, ai fedeli tra i 14 e i 60 anni, in buono stato di salute, di non consumare carne e cibi costosi o ricercati; permessi, invece, pesce, uova e latticini. L’astinenza dalla carne risale all’Antico Testamento ed al mondo pagano; si riteneva che il suo consumo stimolasse le passioni, ed uno degli scopi del digiuno e dell’astinenza era proprio quello di liberarsi da queste. In passato, era proibito anche il consumo di latte, burro, formaggio, uova e d’ogni cibo di derivazione animale.