di Maria Elena Perrero
Protegge dal rischio cardiovascolare, dalle malattie metaboliche come il diabete mellito, dalle infezioni (compresi i decorsi gravi del Covid) e dagli infortuni: non parliamo di un super farmaco, ma del sonno. O quantomeno di un buon sonno, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. E i suoi benefici non finiscono qui, come spiega il professor Luigi Ferini Strambi, ordinario di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro.
Già un anno fa avevamo visto che un buon sonno protegge dalle complicanze maggiori del Covid. E’ un dato confermato?
“Sì. Sono stati pubblicati ulteriori dati che mostrano come i cosiddetti buoni dormitori (coloro che dormono a sufficienza e profondamente) positivi al Covid-19 hanno avuto una migliore risposta, una migliore prognosi e una minore necessità di ricovero ospedaliero in generale e in terapia intensiva in particolare rispetto ai brevidormitori. A dimostrazione del fatto che dormire è un fattore protettivo per quanto riguarda l’infezione da Covid e in generale tutte le infezioni, perché migliora la risposta immunitaria”.
Quali sono gli altri benefici del sonno?
“C’è l’abbassamento dei livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, la cui produzione viene inibita durante la notte. Una delle conseguenze più importanti è il fenomeno noto come dipping: la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca diminuiscono e di conseguenza si ha una riduzione del rischio cardiovascolare. Questo, almeno, nella prima parte della notte. Perché nell’ultima parte, durante il sonno rem, purtroppo il cuore e la pressione arteriosa possono avere delle oscillazioni. Ma la prima parte del sonno è sicuramente protettiva per tutti gli eventi cardiovascolari. Un altro aspetto importante è legato all’aumento di peso corporeo. Se si dorme male o poco aumenta il rilascio di grelina, ormone prodotto dallo stomaco e dal pancreas che stimola l’appetito. Al contrario, se si dorme bene si rilascia leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo che, al contrario della grelina, blocca lo stimolo della fame”.
Quindi dormire poco può favorire il diabete?
“Sì, diversi studi hanno dimostrato un rapporto diretto tra diabete mellito e privazione del sonno. In particolare si è visto come dormire meno di cinque ore per notte aumenti molto il rischio di sviluppare diabete, perché c’è un rapporto con la secrezione di insulina“.
E a livello mentale, quali sono i benefici del sonno?
“Una delle azioni fondamentali è di migliorare il funzionamento della nostra memoria. Durante il sonno, in particolare nelle prime tre ore, immagazziniamo tutte le informazioni che riteniamo utili e cancelliamo quelle inutili. Inoltre, grazie all’attivazione del sistema glinfatico, che agisce come una sorta di spazzino, vengono eliminati tutti quei prodotti di scarto metabolico del nostro cervello, compresa la proteina beta-amiloide, che può andare a costituire delle placche correlate al declino cognitivo e alla malattia di Alzheimer. Uno studio ha mostrato che basta una singola notte di privazione di sonno per fare aumentare di molto la produzione di beta-amiloide. Ma a livello mentale sono stati osservati anche cali dell’attenzione importante. Si è osservato che dormire cinque ore per notte per sette notti consecutive può portare ad un disturbo della vigilanza tale quale quello che si verifica quando non si dorme per una notte intera: questo può portare ad aumentato rischio di infortuni e incidenti stradali. Quindi, gli effetti negativi della privazione del sonno sullo stato di vigilanza si accumulano. E uno dei problemi è che il soggetto interessato non se ne rende conto, perché la privazione del sonno porta ad una sorta di stato euforico che ci rende incapaci di valutare i rischi. Infine va ricordato che se non si dorme non si fanno riposare le zone anteriori del cervello responsabili della modulazione e del controllo di emozioni ed impulsi, con un seguente amplificazione delle reazioni stesse e un minore controllo dell’impulsività e dell’empatia“.
Il sonno indotto da farmaci ha la stessa qualità di un sonno spontaneo?
“Sicuramente tra il non dormire o dormire male e il dormire prendendo un farmaco prescritto dal medico è molto meglio la seconda. Ovviamente il farmaco deve essere prescritto dal medico dopo un corretto inquadramento, perché non tutti i tipi di insonnia sono uguali e non tutti i farmaci possono funzionare sul paziente. Ma assumere un farmaco il prima possibile aiuta anche ad evitare il condizionamento negativo che può portare il soggetto ad autoconvincersi che tanto non è più in grado di dormire, portando ad una cronicizzazione dell’insonnia“.
Fare attività fisica può aiutare a contrastare l’insonnia?
“Sì, ma è bene non farla mai dopo cena ed è meglio ancora se la si evita anche al mattino. Uno studio ha mostrato come l’attività fisica al mattino possa essere pericolosa a livello cardiovascolare, perché il tempo necessario al cuore per tornare in una condizione di riposo dopo lo sforzo è maggiore, con un aumentato rischio di infarto in caso di predisposizione”.
Pratiche come la meditazione mindfulness e lo yoga possono conciliare il sonno?
“Sì. La stessa terapia cognitivo-comportamentale per il trattamento dell’insonnia utilizza tra le proprie tecniche quelle di rilassamento per abbassare i livelli di attività dei centri della veglia, naturalmente all’interno di un percorso più ampio. Ma sicuramente preparare il sonno, anche con tecniche di rilassamento, è fondamentale”.