mercoledì 31 marzo 2021

COVID 19

IL FARMACO CHE BLOCCA LA DIFFUSIONE NELLE CELLULE

di Maria Elena Perrero

Un farmaco contro il Covid in grado di bloccare l’attività degli enzimi E3-ubiquitin ligasi necessari al coronavirus Sars-CoV-2 per uscire dalle cellule infettate e diffondersi in tutti i tessuti dell’organismo umano. La scoperta arriva da uno studio internazionale guidato dal professor Giuseppe Novelli (Università di Tor Vergata – Università del Nevada, USA) e dal professor Pier Paolo Pandolfi (Università di Torino – Università del Nevada, USA), in collaborazione con l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, l’Istituto Spallanzani di Roma, l’Università San Raffaele di Roma e diverse Istituzioni statunitensi (Harvard, Yale, Rockfeller, NIH, Mount Sinai, Boston Univ), canadesi (University of Toronto) e francesi (INSERM Parigi, Hôpital Avicenne).

Professor Novelli, perché la vostra scoperta è molto importante?

“Al di là dei vaccini, fondamentali per tornare ad una vita normale, è importante avere dei farmaci. I vaccini sono uno strumento straordinario ma servono ai sani. Noi, però, dobbiamo anche capire come trattare la malattia Covid-19, per curare i malati. Molti studi si sono concentrati sul modo in cui il coronavirus Sars-CoV-2 entra nella cellula, cercando inibitori dell’ingresso. Tra i farmaci elaborati in questo senso ci sono gli anticorpi monoclonali, utili nel tentare di bloccare la porta al virus. Ma una volta che il virus entra che cosa si può fare?”.

Ed è qui che entra in gioco il vostro studio…

“Noi abbiamo studiato gli inibitori della replica del virus. Perché quando il virus entra nella cellula, la prima cosa che fa è replicare, appunto, fare copia di se stesso, per poi uscire dalla cellula e andare ad infettare altre cellule. Il virus in sé però porta solo l’informazione e quando entra nella cellula utilizza gli strumenti, le ‘macchine’ delle nostre cellule, mettendole a propria disposizione. Noi abbiamo iniziato a studiare le proteine della cellula utilizzate dal coronavirus Sars-CoV-2 e abbiamo scoperto che c’è un gruppo di enzimi, ovvero di proteine attive, gli E3-ubiquitin ligasi, usati a questo scopo dal virus per diffondersi nel corpo ed infettarlo”. 

Quindi il vostro farmaco agisce bloccando questi enzimi?

“Abbiamo cercato di realizzare un farmaco in grado di bloccare questi enzimi E3-ubiquitin ligasi, intrappolando il virus. Il farmaco è l’Indolo-3 Carbinolo (I3C), una molecola naturale già utilizzata contro altre malattie non infettive e che al momento è oggetto di una sperimentazione clinica negli Stati Uniti contro l’infezione da papilloma virus”.

Questo farmaco è efficace anche contro le varianti del coronavirus Sars-CoV-2?

“Sì, perché noi non agiamo sul virus, ma sulle proteine umane. Le varianti servono al virus per entrare nella cellula e riguardano, appunto, il virus, non la cellula stessa. Noi, al contrario, agiamo sugli strumenti utilizzati dal virus”. Alcuni mesi fa Lei aveva ipotizzato che la gravità della malattia Covid-19 potesse dipendere dagli interferoni, proteine prodotte dal sistema immunitario e dai tessuti in risposta ad agenti esterni. Conferma questa ipotesi? “Le ricerche vanno avanti. L’ultima scoperta arriva da un nuovo studio coordinato da Jean-Laurent Casanova Rockefeller University: alcuni pazienti Covid non in grado di produrre un certo tipo di interferone se trattati con un altro interferone stanno meglio”.

Sempre negli Stati Uniti è in corso un altro studio secondo cui le donne sarebbero più protette da forme gravi di Covid per una questione ormonale, tanto che ad alcuni dei volontari di questo studio vengono somministrati proprio ormoni femminili. Secondo Lei è una ipotesi plausibile?

“E’ una questione che riguarda alcune produzioni del recettore ormonale, il recettore degli androgeni, che si trova sul cromosoma X: le donne ne hanno due, gli uomini uno. L’evoluzione del Covid potrebbe essere legata anche a questo, ma lo studio è ancora in corso. Quel che è certo è che la genetica contribuisce molto alla gravità della malattia Covid. Anche le malattie concomitanti, come l’obesità, l’aterosclerosi o il diabete, hanno un ruolo importante, ma fattori come una età avanzata ed essere maschi hanno il loro peso. Il Covid-19 è una patologia complessa in cui più fattori entrano in gioco: il virus, l’ospite e l’ambiente, intendendo con questo termine le malattie concomitanti. Tutto questo fa le differenze che si osservano”.

 

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