di Andrea Schianchi
Fu un azzardo, ma un azzardo calcolato. Ripete proprio queste parole, Nevio Scala, ricordando l’esordio di Gianluigi Buffon. "Intanto gli faccio gli auguri per il 43° compleanno – dice al telefono dalla sua casa di Lozzo Atestino, in provincia di Padova – E poi adesso andrò a rivedermi quella famosa partita, anche se ce l’ho ben scolpita nella memoria. Azzardai parecchio mandandolo in campo dal primo minuto, giocavamo contro il Milan di Fabio Capello, era una sfida al vertice della Serie A, mica un’amichevole". Già, e il pubblico del Tardini, appena l’altoparlante annunciò le formazioni e il primo nome urlato fu quello di Buffon, rimase in totale silenzio.
"Un silenzio di diffidenza, è ovvio. Chi conosceva Buffon? Soltanto noi che lo vedevamo tutti i giorni potevamo avere coscienza delle sue qualità. Accadde questo: il titolare era Luca Bucci che s’infortunò, il suo vice era Alessandro Nista e dunque doveva toccare a lui. In settimana, però, durante gli allenamenti, io e il preparatore dei portieri Enzo Di Palma ci accorgemmo che Gigi, che era il terzo portiere, era insuperabile. Lo bombardammo di tiri e nessuno riusciva a fargli gol. Tenete presente che in quel Parma, a calciare in porta, c’era gente come Stoichkov e come Zola, non giocatori qualunque ma autentici campioni. Eppure Buffon parava tutto. A quel punto, al sabato, dopo l’allenamento di rifinitura, decisi che avrebbe giocato lui. Lo presi da parte e gliene parlai. Mi rispose: “E che problema c’è?”. Aveva la spensieratezza e l’incoscienza che si hanno a diciassette anni".