L'OMAGGIO AL RE ROSSONERO
di Giulio Saetta ( fonte Gazzetta dello Sport)
Se n’è andato su un campo di calcio, come forse avrebbe desiderato. L’estremo saluto a Pierino Prati, leggenda del Milan ma non solo, è avvenuto sul prato dell’oratorio Paolo Sesto di Alzate Brianza, nel Comasco, poco lontano da Montorfano, dove il numero 11 rossonero, nato a Cinisello Balsamo nel 1946, si è spento nella giornata di lunedì dopo una lunga degenza in una casa di riposo. “Era malato da tempo - racconta il figlio Cristiano - l’ho visto spegnersi nell’ultima settimana. Purtroppo a causa del Covid è rimasto piuttosto solo ultimamente, e le visite, come sappiamo, erano pressoché impossibili in queste strutture”.
AFFETTO A DISTANZA
Alle esequie del recordman Prati, tre reti nella finale di Coppa dei Campioni del 1969 allo stadio Bernabeu di Madrid contro l’Ajax di Cruijff, unico italiano a centrare l’impresa, mancavano i suoi compagni di squadra del Milan, molti purtroppo già scomparsi, altri impossibilitati a venire perché sconvolti dal dolore. “A Gino l’ho detto ieri sera - dice in lacrime la moglie di Maldera I - non ci poteva credere. Anche Lodetti non ce l’ha fatta a essere presente per la troppa sofferenza. E’ stata una perdita immensa per quella generazione di milanisti”.
LE PAROLE DEL CAPITANO
In rappresentanza del club rossonero erano presenti Franco Baresi e Filippo Galli. “Più che come giocatore, lo conoscete tutti - ha detto il Capitano - voglio sottolineare la sua dimensione umana. Era una bellissima persona, sempre disponibile. Lui smetteva e io iniziavo, non l’ho conosciuto sul campo, ma lavorando insieme a lui nel settore giovanile l’ho apprezzato per la sua umiltà, un valore che sapeva trasmettere anche ai ragazzi”.
IL PALMARÈS
Il grande profilo umano di Prati è palpabile anche dal numero di tifosi della Roma presenti alle esequie. Sulla bara, oltre alla maglia azzurra e quella rossonera, c’era una sciarpa giallorossa e una granata della Salernitana, in cui debuttò nel 1965 e con 10 gol contribuì alla promozione in Serie B. Nella capitale Prati ha lasciato un fortissimo ricordo. Un quarto del mio cuore è giallorosso amava dire Pierino. Alla Roma si era trasferito avendo vinto tutto nel Milan: dopo il successo europeo ci fu quello intercontinentale nello stesso 1969, oltre a due Coppe delle Coppe, due Coppe Italia. E poi il trionfo agli Europei del 1968 con la Nazionale, a cui era approdato dopo una stagione pazzesca nel Milan culminata con lo scudetto 1967-68 e il titolo di capocannoniere. Fu anche vice campione del mondo nel 1970, pur non giocando, chiuso nel suo ruolo da Gigi Riva.
IDOLO DEI RAGAZZI
Anche Walter De Vecchi, presente alle esequie, fa parte della generazione successiva di rossoneri e lo ricorda così: “Da giocatore del settore giovanile per noi era un idolo ed era un piacere giocarci contro. Successivamente poi ho avuto modo di lavorarci assieme come promotore dei camp estivi del Milan e ho potuto stimarlo come uomo. Pierino è stato davvero una grande persona, semplice, che non ha mai fatto pesare nulla nonostante il suo grandissimo passato”.
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