GIGI MARDENTE
Collega giornalista, collega allenatore, ma soprattutto collega di passione, quella passione che spesso in ambito lavorativo fa la differenza: tutto questo, ed altro, è Gigi Mardente colonna della testata giornalistica Catanzaro Informa e uomo di calcio verace. Con la sua consueta disponibilità e con la sua innata verve ci concede questa chiacchierata.
- Calcio a 5, Beach soccer e Catanzaro le tue tre passioni sportive: dacci per ognuna di queste un motivo per amarle.
“ L’amore non si può spiegare, altrimenti che amore sarebbe? In realtà, quindi, amo futsal, beach soccer e Catanzaro per un motivo per nulla valido, ma semplicemente perché mi emozionano. Il futsal è iniziato per caso grazie all’amico e compagno Marco Celia che dopo due anni di “lotta” mi convinse a passare dal calcio al calcio a 5. Le difficoltà iniziali a comprendere il gioco mi hanno spinto a comprendere il futsal fino al suo profondo, e me ne sono innamorato in tutto il suo essere. Quando ho capito che per giocare a calcio a 5 servivano più gambe, più piedi e più testa rispetto al calcio a 11 ho deciso di studiarlo e ormai la mia vita ruota attorno a questo sport. Il beach soccer è il suo riflesso, il mio modo estivo di stare con il futsal e lo amo non tanto per il gioco ma per il suo corollario: fair play, ambiente, spettacolarità, terzo tempo costante e spirito sportivo simile al rugby. Si gioca vicino al mare con qualche “culetto “di fuori e una tattica simile al futsal, quindi c’è tutto. Il Catanzaro è una malattia, una brutta malattia. Lo amo perché rappresenta la mia città e accomuna tutti i catanzaresi attorno a due colori e una fede. Un romantico come me, non può farne a meno”.
- Quest’anno lo stop forzato vi ha impedito di vincere sul campo il campionato col Catanzaro Futsal: pensi che avrete lo stesso la promozione? Come prevedi tutto il mondo della “ pelota” possa ripartire?
“ Quelli che hanno subito più di tutti lo stop forzato siamo proprio noi perché dopo una marcia trionfale, e costante, a suon di record ci hanno tolto la festa, la gioia di esultare in un palazzetto pieno con la sciarpa del Catanzaro al collo. Credo che alla fine saremo giustamente promossi e consacreremo un percorso di 3 campionati vinti in 3 anni che ci riporta nei campionati nazionali. Il movimento, aggiunge Mardente, riprenderà solo se le federazioni e il governo aiuteranno la Lnd e tutti noi addetti ai lavori, comprenderemo che ci sarà una fase 3 di sacrifici economici e ridimensionamento dei rimborsi. Se istituzioni, federazioni e sportivi saranno sulla stessa strada si ricomincerà e sarà anche più bello di prima, altrimenti prevedo crisi profonda e ”moria di vacche”.
- Il giocatore e la giocatrice più forte che hai allenato?
“ Ne ho allenati parecchi e parecchie. E devo dire che ho avuto la fortuna di incontrare giocatori fortissimi dentro il campo e altrettanti campioni di vita che sono fondamentali se vuoi avere un gruppo vincente. Nel futsal il più forte è stato sicuramente Alcides Pereira, brasiliano campione del mondo per club con un team brasiliano che nel corso della sua carriera aveva già fatto molto bene in serie A italiana con tante squadre. Non era fortissimo tatticamente, ma la sua classe inventava futsal. Nel femminile ho qualche rimpianto, perché credo che la più forte italiana avrei potuto costruirla io
ma non ne ho avuto il tempo perché a causa della chiusura dei palazzetti non a norma lo Sporting Locri non ha finito la stagione. Fosse andata diversamente credo che in pochi mesi sarebbe uscita fuori la catanzarese Federica Marino. Ma ricordo ancora il genio della spagnola Lioba e la professionalità della palermitana Roberta Giuliano. A beach soccer ho allenato le migliori al mondo. Credo che Villar e Colodetti siano quelle che mi hanno fatto vincere e le italiane Boutimah e Marino quelle che mi hanno fatto divertire. Marino ha ancora la possibilità di diventare la migliore al mondo, ma molto dipende da lei e da quello che il suo cervello decide di fare. Avere talento non basta, devi essere giocatrice per stare nell’olimpo”.
- Il tuo momento sportivo più emozionante e quello invece della tua vita.
“Nella vita non c’è bisogno nemmeno di chiederlo. Ho due figli, quindi i due giorni in cui sono nati rappresentano le emozioni e gioie più grandi. Sono uno che parla e scrive tanto, ma sui miei figli non sono riuscito ancora a trovare le parole. E forse non lo voglio nemmeno fare. Nello sport ho avuto diverse gioie e non si può dire quale sia la più bella perché ognuna è particolare per motivi diversi. Il campionato dei record di calcio a 5 da giocatore non credo sia ripetibile in Calabria ed è stata una grande gioia che mi ha cambiato anche fisicamente visto che i miei compagni mi hanno
tagliato circa 3 chili di capelli e sono passato da “Caparezza” a pelato. Da allenatore ricordo la prima in A2 maschile, la prima in A femminile e le vittorie dei campionati regionali con tantissima emozione. Ma per ovvi motivi la vittoria del mondiale di beach soccer rimane la gioia più grande perché quando stai in panchina e giochi un titolo Fifa è tutto diverso. Capisci che non sei nessuno nel tuo piccolo e inutile orticello, capisci che il mondo è tutta un’altra storia ed è con quello che ti devi
misurare se vuoi migliorarti. Il coronavirus mi ha tolto una gioia, sarebbe stato bello oggi festeggiare la B nel mio PalaGallo gremito”.
- Quali caratteristiche deve possedere per te un allenatore vincente?
“C’è una netta differenza tra l’allenatore che deve formare e quello che deve vincere. Difficilmente
un tecnico sa formare e vincere, sono pochi quelli che lo sanno fare. Credo che un vincente debba essere tatticamente super preparato ma non basta, ormai sono tutti preparati. Un vincente deve leggere situazioni, giocatori, partite, momenti. Un vincente deve ascoltare tutto e qualcosa la deve dimenticare. E’ vietato essere permalosi, non c’è tempo per il cuore: nel senso che anche se t’innamori dei giocatori o giocatrici perché sei romantico, poi devi dimenticarti dell’affetto quando
prendi le scelte. E soprattutto un vincente deve sapere benissimo che chi ti ama ieri potrebbe odiarti domani e tu non puoi fare lo stesso. Ma credo che la cosa più importante per saper vincere sia quella di mettere se stessi in secondo piano: non sei tu al centro del gioco, non sei tu il protagonista, non sei tu che vincerai. Sono i giocatori. E allora ogni tanto devi anche rinnegare la tattica e la tua immensa preparazione al cospetto del talento che manda tutto a “puttane” e inventa la vittoria. La cosa pesante è che prima di giocare il vincente deve prendersi tutta la pressione addosso sparlando di altri o passando per egocentrico per liberare i giocatori dal peso della gara. Quando è tutto finito, hannovinto loro e glielo devi dire. Il vincente sa benissimo che dopo aver vinto tutti diranno che “con quella squadra avrebbe vinto chiunque” e far finta di essere d’accordo. Ma questa è solo la mia idea, ma magari i vincenti, beati loro, sono tutt’altra storia e noi nemmeno lo sappiamo. Di sicuro un vincente ha un talento che non si allena e non si impara a Coverciano.
Grazie per questo spazio che mi hai concesso caro Sonny . Concludo con una frase: il bello per me deve ancora venire. Non so se sono un vincente, sicuramente quelle poche volte che ho vinto mi ha
riempito per un paio d’ore perché il giorno dopo ero già orientato al pensiero di vincere ancora.
Ridatemi futsal e beach soccer, che qui il tempo passa e mi faccio vecchio”.
martedì 19 maggio 2020
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